Ambiente

Ischia, nulla o quasi dopo l’alluvione di novembre. Il vulcanologo Luongo: Chi vive lì è in pericolo

di Angelo Vitale -


A Ischia, il Monte Epomeo scivola verso il mare ed è il custode della genesi dei terremoti che finora hanno colpito l’isola all’estremità settentrionale del golfo di Napoli. Il più grave, ormai quasi 6 anni fa, il 21 agosto 2017, magnitudo 3.9, con 2 morti e 42 feriti. Ma nell’isola brucia ancora la tragedia del 26 novembre scorso, con la frana e l’alluvione nel comune isolano di Casamicciola Terme: 12 vittime, 5 feriti, poco meno di 500 persone sfollate e decine di abitazioni colpite. Da allora, un commissario prefettizio per l’emergenza (Simonetta Calcaterra), un commissario di Governo per la ricostruzione, Giovanni Legnini, nel gennaio scorso “decurtato” delle competenze sul post-sisma per la nomina, tutta politica, di commissario affidata dal governo Meloni al senatore FdI Guido Castelli. Nel sito web, solo un mese fa, un Avviso per individuare ancora – a oltre 100 giorni dai fatti – un sito dove depositare i detriti dell’alluvione, oltre a tanti provvedimenti attuati per rimborsare le strutture turistiche che hanno ospitato gli sfollati. Mentre riapre il porto, finora misteriosamente chiuso per l’asserita presenza di detriti sui fondali. La macchina del turismo locale preme, con l’estate alle porte. Una macchina potente, considerate le voci che le attribuiscono la forza di muovere tutto, comprese le elezioni degli amministratori del posto. Finora, insomma, si è combinato poco, anche perché nel gennaio scorso il commissario Legnini ancora batteva cassa con il Governo centrale, parlando della necessità di reperire 4/500 milioni di euro per la ricostruzione.

Cosa si è combinato finora?
“Nulla, chiacchiere”. Netta la risposta di Giuseppe Luongo, un super esperto. Vulcanologo di fama internazionale, è stato direttore dell’Osservatorio Vesuviano ma anche nel team Onu del Decennio per la Riduzione dei Disastri Naturali. Da pochi giorni è nelle librerie il suo ultimo volume edito da Bibliopolis, scritto con Elena Cubellis e Ilia Delizia, dedicato proprio a Ischia. “Casamicciola, un laboratorio per la difesa dai terremoti” il suo titolo, quasi fulminante per la questione ancora viva.

Insomma, cosa è stato fatto fino ad oggi?
“Dopo l’alluvione, nulla o quasi. Non c’è dialettica. Non sono disponibili dati tecnici sulla previsione del rischio, fondamentale per il lavoro di ricerca della comunità tecnico-scientifica. Eppure, gli esperti fanno parte dei Centri di competenza della Protezione civile”.

Quale è stato il lavoro racchiuso nel volume?
“Abbiamo raggiunto la convinzione, partendo dai dati del terremoto del 2017, che la faglia lungo la quale è scivolato l’Epomeo emerge nella zona collinare di Casamicciola, dove ha prodotto i crolli dell’abitato. Dall’eruzione del 1302, è lì la persistenza della sorgente. Perciò, ormai quasi 6 anni fa, nelle ore dopo il terremoto già dichiarai che l’abitato non andava ricostruito, considerati gli enormi costi di un’edilizia che possa resistere a nuovi episodi sismici. Sicuramente da non affidare agli sforzi dei privati, dei residenti che ogni volta lì sono voluti tornare”.

Cosa fare di quell’area, allora?
“L’edilizia, nel corso dei decenni, ha di fatto sommerso fonti termali di grande valore. Queste aree epicentrali dei sisma, una volta allontanato l’abitato per una fascia di 500 metri/1 km, andrebbero destinate – questa la nostra proposta – ad un Parco Scientifico Naturalistico delle Acque e della Memoria, per ospitarvi un Centro internazionale di ricerca sulla genesi dei terremoti superficiali”.

Una cosa possibile?
“E’ il nostro auspicio, anche se devo ricordare – alla luce della sovrapposizione di poteri che l’attualità ci evidenzia – che solo il ministro dei Lavori Pubblici Francesco Genala, nel 1883, riuscì ad allontanare i residenti dalla zona. Non so quanto l’attuale gestione politico-amministrativa dell’intera vicenda possa mettere mano a questo, rilevata anche l’assenza di un piano territoriale ispirato dall’interesse collettivo. Ciò che manca è una cultura di questo interesse”.


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