LIBERALMENTE CORRETTO – La non credibile narrazione sull’incredibile Milei
A nove mesi dall’elezione di Milei alla presidenza dell’Argentina, tutti gli indicatori economici sono positivi e il consenso dell’elettorato è in costante aumento. La cura della “motosega” fa miracoli: è stato raggiunto il pareggio di bilancio e l’inflazione è ai minimi storici, mentre un anno fa galoppa-va; l’occupazione e il PIL sono in crescita. Insomma un Paese sull’orlo del tracollo è rinato in meno di un anno. Ma la notizia vera non è questa. È un’altra: tutto ciò è accaduto, malgrado le previsioni catastrofiche degli “esperti” di tutto il mondo e contro il boicottaggio dell’establishment. Il Fondo Monetario Internazionale, costretto oggi a fare i conti con la realtà, parla di risultati “incredibili”. Sono perciò necessari due commenti: uno sull’incredibilità; uno sulla motosega. Sul primo punto si può osservare che di incredibile in questa vicenda c’è ben poco. E tuttavia bisogna riconoscere che c’è qualcosa di inconsueto. Appare strano che un capo di governo faccia ciò che dice, realizzando nei fatti il programma per il quale è stato votato. L’esatto contrario di ciò che avviene in Italia, dove siamo abituati alle parole non seguite dai fatti. L’incredulità di casa nostra rientrava dunque, per certi versi, nell’ordine delle cose, se intesa come atavico scetticismo riguardante la coerenza delle parole coi fatti. Non era invece giustificata riguardo ai risultati prevedibili del programma di governo, annunciato da Milei. Ogni invasione di campo dello Stato nella libera dinamica del mercato si risolve in dispendio di risorse economiche, improduttivo e paralizzante; per converso, ogni riduzione della zavorra della spesa pubblica libera risorse produttive, le quali alimentano lo sviluppo economico e la dinamica sociale. Ciò è assolutamente certo, non me-no che due più due fa quattro. Non bisogna essere dei grandi economisti per saperlo e capirlo. Poiché il governo Milei ha fatto nient’altro che questo, tagliando i rami secchi dell’apparato pubblico improduttivo, il risultato, in termini di crescita economica e benessere sociale più diffuso, non solo era largamente prevedibile, ma addirittura scontato. Ma ovviamente non è stato previsto dai numerosi pseudoscienziati, che componevano, e compongono tuttora, la grande Cassandra mondiale, orientata al “greenprogressismo” e “antipopulista“ ça va sans dire. Come mai? La risposta è paradossale: il saccente consesso mondiale dei professori ne sa quanto la famosa “casalinga di Voghera”. Gli studiosi hanno tanto studiato i numerosi aspetti della ricchezza, da averne dimenticato la fonte unica: la libera iniziativa imprenditoriale. A forza di moltiplicare e dividere, addizionare e sottrarre gli indici numerici della ricchezza, espressi in moneta, si sono convinti che la ricchezza sta tutta lì, nella cartamoneta e nel suo corrispondente digitale. Hanno confuso l’immagine e l’immaginato. E poiché la moneta è “prodotta” in regime di monopolio da istituzioni facenti par-te dell’apparato pubblico (Federal Reserve e BCE), di concerto con gli Stati, sembra quasi che la ricchezza sia “prodotta” per deliberazione politica. Ci voleva Milei per ricordarci che lo Stato non produce ricchezza, ma spende quella prodotta da altri e dunque la dilapida, nella misura in cui finanzia servizi e attività non indispensabili. Sul secondo punto, la casalinga di Voghera si trova a mal partito. Non riesce a comprendere come mai la motosega italiana, annunciata in pompa magna dal circo Barnum di comici, nani e ballerine, abbia determinato solo disastri, mentre quella argentina miracoli “incredibili”. Aveva colto solo le analogie superficiali, ma non le differenze profonde. Le sembrava che il comico Grillo e il candidato Milei parlassero la stessa lingua; intendessero perseguire entrambi la famosa “lotta alla corruzione”. La quale tuttavia ha dato risultati opposti: da una parte dell’atlantico ha indotto prosperità; dall’altra parte, risoltasi miseramente in semplice boutade “anticasta”, ha determinato disastri. Forse un giorno capirà che la radice della corruzione risiede proprio nella spesa pubblica, cosicché la moltiplicazione dei bonus (in primis monopattino) e altre consimili, amene misure “assistenziali”, non solo non frenano la corruzione, ma ne implementano la causa e le occasioni, men-tre alimentano inerzia e parassitismo.
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