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Politica

Libero l’imam, Meloni: “Sicurezza impossibile”

La decisione della Corte d'Appello di Torino riaccende le polemiche

di Angelo Vitale -


Torna libero Mohamed Shahin, imam della moschea Omar Ibn al‑Khattab nel quartiere multietnico di San Salvario a Torino, Meloni attacca. Lo hanno deciso i giudici della Corte d’Appello di Torino, che ha disposto la cessazione del suo trattenimento nel Cpr di Caltanissetta. E ritenuto che non sussistano più i presupposti per considerarlo pericoloso per l’ordine pubblico.

Un provvedimento accompagnato dal rilascio di un permesso di soggiorno provvisorio. L’egiziano potrà restare in Italia in attesa della definizione della sua richiesta di protezione internazionale, ancora pendente.

L’imam torna in libertà

Una vicenda riesplosa nel cuore del dibattito pubblico nazionale incentrato sul conflitto ormai frequente tra organi dello Stato: forze di polizia, intelligence, ministero dell’Interno e magistratura giudicante.

Il Viminale, nel decreto di espulsione firmato dal ministro Matteo Piantedosi lo scorso 8 novembre, aveva definito l’imam una “minaccia concreta, attuale e grave per la sicurezza dello Stato”. E sottolineato un presunto percorso di radicalizzazione religiosa. Un percorso connotato da ideologia antisemita e dai suoi contatti con individui considerati estremisti.

Cosa aveva detto in pubblico il vertice della moschea di Torino

Nel decreto si leggeva che Shahin aveva intrapreso un ruolo di rilievo in ambienti dell’Islam radicale incompatibile con i principi democratici e con i valori etici che ispirano l’ordinamento italiano. E si segnalavano le sue frasi riguardo al 7 ottobre. Le aveva pronunciate in una manifestazione pro Palestina. Ed erano state percepite come giustificazione indiretta dell’attacco di Hamas.

Parole che avevano generato “indignazione” anche tra i meno radicali. Aveva detto “Quello che è successo il 7 ottobre 2023 non è una violenza, non è una violazione, ma è stata una reazione”.

La Procura di Torino aveva aperto sul caso solo un fascicolo per fatti non costituenti reato, poi concedendo un nulla osta tecnico alla misura amministrativa del Viminale. Il questore di Torino aveva disposto per lui la revoca del permesso di soggiorno di lungo periodo, Shahin era stato prelevato il 24 novembre e trasferito a Caltanissetta. In Egitto, attuale sede del governo di Abdel Fattah al Sisi – ha sempre sostenuto la sua difesa – il rimpatrio lo avrebbe esposto a rischi di detenzione arbitraria e tortura.

Le reazioni della premier Meloni alla sentenza

La decisione della magistratura ha riacceso una tempesta politica e istituzionale. E mette in evidenza un ennesimo paradosso istituzionale. L’Italia è un Paese in cui le strutture di intelligence e le forze di polizia tengono costantemente sotto controllo i fenomeni di radicalizzazione religiosa e ideologica, comprese le dinamiche online tra minori su Telegram o altri canali di messaggistica.

Senza questo lavoro di monitoraggio e valutazione giornaliera, non sarebbe possibile alimentare un livello di allerta che consente alle autorità di anticipare segnali di rischio derivanti da contesti estremisti.

Il sistema italiano, rispetto ad altri Paesi europei o occidentali, è considerato tra quelli in cui la radicalizzazione violenta non trova ossigeno. Proprio perché l’insieme delle agenzie coinvolte mantiene una sorveglianza permanente e condivisione di informazioni tra intelligence, forze di polizia, magistratura e prefetture.

Perciò, già ieri reazioni immediate e forti. Netta la premier Giorgia Meloni sull’imam libero: “Sicurezza impossibile, se i giudici annullano ogni misura”. Da Fratelli d’Italia sconcerto e disappunto: il capogruppo alla Camera Galeazzo Bignami, ha definito la decisione dei giudici “grave e incomprensibile”, una scelta che “vanifica il grande lavoro fatto dalle nostre forze dell’ordine e dal Viminale”.

E che “rimette in circolazione un soggetto ritenuto pericoloso”, criticando la magistratura per quella che definisce una eccessiva politicizzazione delle decisioni giudiziarie e un potenziale indebolimento della sicurezza dei cittadini.

Fdi, FI e Lega attaccano

Maurizio Gasparri, presidente dei senatori di FI, ha etichettato la decisione come “assurda e incommentabile”: “un messaggio pericoloso”.Anche la Lega ha criticato aspramente la sentenza. La europarlamentare Anna Maria Cisint l’ha definita “sconcertante”.

E ha avvertito che permettere a tali figure di tornare a predicare potrebbe costituire “una vera e propria bomba a orologeria”.

Sul fronte opposto, lodata la decisione come una affermazione dello Stato di diritto. E denunciato l’uso strumentale delle espulsioni quale misura amministrativa oltre il limite delle libertà garantite dalla Costituzione.

Il paradosso

Rimane il paradosso inquietante: giudici che cassano misure decise sulla base di valutazioni costanti di Viminale e intelligence, mettendo in discussione un lavoro quotidiano sul monitoraggio degli ambienti radicalizzati che non può rimanere monco delle decisioni conseguenti. L’imam libero e le parole della premier Meloni: temi che continueranno a tenere banco anche nelle prossime ore.


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