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Attualità

L’opposizione storica dell’ANM a tutte le riforme degli ultimi trent’anni

di Redazione -


di Giammarco Brenelli

Presidente Comitato GiustiziaSì

In vista del referendum sull’ordinamento della giustizia i liberaldemocratici hanno costituito un comitato a favore del Sì perché la riforma costituisce un passaggio d’epoca che avvicina l’Italia alle democrazie europee, dove le carriere tra PM e giudici sono separate.

Invece, come noto, la Riforma è contrastata dalle correnti della Magistratura. Nulla di nuovo sotto il sole, visto che esse sono storicamente schierate contro ogni tentativo di riforma a partire dal codice accusatorio del 1989, mal digerito come poi alle proposte successive della Bicamerale presieduta da D’Alema e senza ripercorrerle tutte, fino da ultimo, alla riforma Cartabia che aveva, tra l’altro, introdotto il “fascicolo del magistrato”.

Sembrava una riforma logica per distinguere le diverse professionalità ed affezione al lavoro e la risposta dell’ANM è stata lo sciopero di un potere dello Stato contro lo Stato. 

Successivamente il CSM ha anche disinnescato il meccanismo di ogni valutazione.

Eppure, come osservava Pompeo Biondi, antico maestro liberare, così come nella società liberale vi sono limiti politici ed istituzionali al potere, anche nell’ordinamento autonomo e indipendente della magistratura devono esservi regole e meccanismi di autocontrollo.

Tutte le statistiche su responsabilità disciplinari e valutazione professionale dei Magistrati mostrano invece che proprio il meccanismo di autocontrollo si è inceppato per l’unanimismo dello scambio tra le correnti.

A fronte di ciò la Riforma ha istituito il sistema del sorteggio tra tutti quegli stessi Magistrati che amministrano quotidianamente la giustizia. La procedura ha creato infinite obiezioni, ma ha vantaggi obiettivi e tra questi, in primo luogo, l’indipendenza del soggetto eletto e la sua maggiore libertà nelle decisioni.

Si badi del resto, che tutt’oggi, gli scandali, i ricorsi al TAR e i processi penali di magistrati contro altri magistrati avvengono tra eletti con votazioni “bulgare” nello stesso CSM ove 17 componenti su 20 sono eletti dalle correnti.

Il tema dei danni al sistema giustizia dato dalla unitarietà delle carriere, oltre che dalle statistiche, emerge, anche sotto il profilo stretto della procedura penale, dalla mortificazione dell’udienza preliminare come filtro per le accuse infondate che vanno poi ad intasare i dibattimenti, così come nell’acquiescenza acritica della maggior parte dei GIP rispetto alle richieste di custodia, oltre che, per l’autorizzazione delle intercettazioni concesse al PM per il 94% dei casi.

Nell’impegno del Comitato GiustiziaSI’ si rischia la ripetizione dell’ovvio, ma il dibattito è inquinato da allarmismo come se si attentasse all’autonomia, all’dipendenza e, perché no? … Anche alla Costituzione. Ma è difficile trovare argomenti testuali, o, se vogliamo dirla in modo semplice, sostenere che l’arbitro deve indossare la stessa maglietta di una delle due squadre. Spiace poi che i dirigenti dell’ANM abbiano scelto come “front-man” della loro campagna un loro esponente noto per la mortificazione dei diritti del singolo, seppure in nome della sacrosanta lotta al fenomeno mafioso, che, tuttavia, non può cancellare i dati sui risarcimenti per ingiusta detenzione e soprattutto i risultati di siffatto protagonista: 1121 arresti tra il 2017 e il 2023, 670 assoluzioni già in primo grado, 37,4% di innocenti arrestati: la giustizia non si fa a caso né a strascico.

Servono maggiori contrappesi e meno colleganza, con buona pace della cultura delle correnti della Magistratura, informata all’idea che esista un potere buono per definizione al cui interno nessuno sbaglia per il solo fatto di aver superato un concorso.


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