Economia

Pochi soldi, tante sfide: la manovra in salita

di Giovanni Vasso -

GIANCARLO GIORGETTI MINISTRO ECONOMIA


I soldi sono pochi e per la manovra, al governo, non rimane altro che sfogliare la margherita. I dati economici del Paese non sono così buoni come si sperava in primavera. La Nadef, “prudenzialmente” affermano dalla maggioranza, ha diminuito le previsioni di crescita del Pil a 0,8 per cento. Ma, contestualmente, ha previsto un aumento esponenziale, stimato tra il 5,3 e il 5,5 per cento del rapporto debito Pil. Considerando che, presto, l’Italia dovrà fare i conti con il nuovo Patto di stabilità, le premesse non appaiono certo delle migliori. Anche perché, a tutto ciò, va aggiunto il fatto, con i nuovi aumenti dei tassi decisi dalla Bce, l’Italia dovrà sborsare, per maggiori interessi sul debito, qualcosa come 14-15 miliardi di euro in più. Su tutti questi elementi già preoccupanti di per sé, svetta la spada di Damocle, anzi, il Superbonus dei governi precedenti, che peserà, Giorgetti dixit, come un macigno sui conti dello Stato per molti anni ancora.

Se le cose stanno così, per il governo i margini di manovra sono davvero risicati. Già si parla di “sentiero stretto”. Una metafora che prova a restituire il senso della difficoltà, da parte del Mef e di Palazzo Chigi, a far quadrare i conti con le promesse elettorali e le esigenze dello Stato. A cominciare da quelle avvertite dai cittadini. Secondo un sondaggio Swg commissionato da Nursind, il sindacato degli infermieri, un italiano su due chiede maggiori investimenti nella sanità. Solo il 39% dei cittadini, attualmente, si dice soddisfatto dei servizi mentre il 78% degli italiani teme che, in futuro si possa andare verso una privatizzazione della sanità. La mancanza di infermieri e professionisti sanitari negli ospedali preoccuperebbe il 79% del campione degli intervistati. Insomma, stando al sondaggio, bisognerebbe intervenire presto, subito e massicciamente per rafforzare il sistema sanitario nazionale.

Ma ci sono, oltre alla sanità, altri temi che preoccupano e non poco gli italiani. Uno di questi riguarda le pensioni e più in generale il tema del lavoro. Il ministro al Lavoro Marina Calderone è consapevole del fatto che bisognerà intraprendere “un percorso che richiede anche sacrifici per la costruzione della manovra di bilanci”. Ci sono pochi soldi disponibili in manovra. Ma si dice rincuorata dal fatto che la premier Meloni ha “più volte detto che le risorse a disposizione saranno messe sul lavoro”. Calderone quindi afferma: “La volontà del ministero è riconfermare le misure adottate nel corso del 2023, anche in termini di riduzione del cuneo contributivo a favore dei lavoratori dipendenti e poi interventi per i fringe benefit e per la gestione delle politiche di welfare delle aziende e quindi la possibilità di agire sulla tassazione agevolata dei premi di risultato”. Proprio su questo fronte, arriva al governo la proposta del segretario generale della Cisl Luigi Sbarra: “Pongo il tema di rendere strutturale e prorogare il taglio del cuneo contributivo assicurare la piena indicizzazione delle pensioni, detassare le tredicesime a scaglioni su lavoratori dipendenti e pensionati, azzerare la tassazione sui frutti della contrattazione di secondo livello e fare un potente e grande investimento per rafforzare il sistema sanitario pubblico”.

Nel question time che ieri si è tenuto alla Camera, su sollecitazione di Maria Elena Boschi (Iv), si è aperta anche la questione legata al rinnovo dei contratti della Pa. Una trincea, vera e propria, per il governo. Il ministro Giancarlo Giorgetti ha riferito che il governo ha già destinato “un miliardo di euro” al rinnovo dei contratti pubblici e lo ha fatto “nonostante la difficile congiuntura”. Altre risorse, ha promesso, spunteranno fuori “nell’ambito del quadro economico definito dalla Nadef”.

La risposta, però, non ha entusiasmato l’opposizione. Intanto lo stesso Giorgetti è tornato sulla questione legata alla legge delega fiscale. “L’attuazione della riforma – ha detto il ministro – realizzerà un sistema fiscale più equo sia un sistema nazionale di riscossione più efficace ed efficiente”. E, sullo “sconto per gli scontrini” non fatti, Giorgetti è stato categorico: “Evita la pena di morte per migliaia di esercizi commerciali, non è un atto di clemenza ma di ragionevolezza”. Quindi ha aggiunto: “Il decreto-legge ’energià, appena approvato dal Consiglio dei ministri, detta norme che consentono di esercitare esclusivamente il ravvedimento operoso per la violazione di alcuni obblighi in materia di certificazione dei corrispettivi, commesse tra il 1° gennaio 2022 e il 30 giugno 2023 regolarizzando entro la fine dell’anno la posizione con il pagamento delle sanzioni previste dalla legge. In altre parole, si ribadisce, la norma consente ai contribuenti di avvalersi di un istituto già esistente e attualmente in vigore, con la possibilità, previo pagamento delle somme dovute, di evitare la pena di morte per migliaia di esercizi commerciali”.

Insomma, l’iter della manovra comincia non nel migliore dei modi: pochi soldi, tante, forse troppe, sfide.


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