Ambiente

Terre rare dai rifiuti: ecco come si fa

di Angelo Vitale -


Terre rare cercasi. Dalle batterie per le auto ibride alla fibra ottica, dai computer agli smartphone, i sistemi produttivi ruotano intorno all’impiego di metalli che rientrano tra le terre rare. Una classe di elementi chimici utilizzati nei dispositivi elettronici, veicoli elettrici, pale eoliche e molto altro ancora, la cui estrazione dai minerali richiede un processo costoso e inquinante. L’opportunità di reperirli a costi più bassi rispetto a quelli attuali, contenendo l’impatto sull’ambiente, è quindi una sfida decisiva per l’Europa, dipendente in gran parte dalle importazioni di queste materie. Ancor di più nell’ottica della transizione ecologica. Ora in Italia una sfida accolta da un team di giovani ricercatori dell’Università di Milano-Bicocca. Il sistema ideato è imperniato su due tipologie di rifiuto, trattate grazie alle nanotecnologie: le terre rare vengono estratte da apparecchi elettronici in disuso utilizzando un dispositivo realizzato con materiale poroso partendo dagli scarti dell’industria chimica e dell’acciaio.
E’ il progetto Rare, che ha partecipato alla quinta call Bicocca Università del Crowdfunding, il programma di finanza alternativa dell’ateneo che promuove lo sviluppo di progetti innovativi e idee imprenditoriali. Alla fine, ha incassato il sostegno di Eit RawMaterials, il consorzio europeo che lavora sulle materie prime non fossili a supporto della transizione energetica e che da quest’anno è partner di #BiUniCrowd. Al via, la raccolta fondi su Produzioni dal Basso, l’ormai storica piattaforma italiana di crowdfunding e social innovation, con la prima delle tre campagne previste per questa edizione di Bicocca Università del Crowdfunding. Rare avrà sessanta giorni di tempo per raccogliere cinquemila euro. Ma, già tagliato il traguardo del 50% dell’obiettivo, scatterà il contributo di un’azienda partner che coprirà la restante parte della somma.
Al team Rare prendono parte Lorenzo Viganò e Daniele Montini, dottorandi in Scienza e Nanotecnologia dei Materiali e Barbara Di Credico, professore associato di Fondamenti chimici delle tecnologie nel dipartimento di Scienza dei Materiali, con Jessica Bosisio, dottoranda in Economia e Management dell’Innovazione e della Sostenibilità presso l’Università di Parma, ad occuparsi della comunicazione dell’iniziativa. “Oggi – dicono i membri del team – i componenti dei dispositivi elettronici sono riutilizzati solo in minima parte. Si riciclano materiali come il rame, l’alluminio e il ferro, ma pochi riescono a riciclare le terre rare. Recuperare scarti industriali per creare le nuove materie prime adatte alla cattura di questi elementi permetterebbe di abbattere i costi che comportano gli altri metodi di recupero. In questo modo, inoltre, si promuove un’economia circolare ove i rifiuti non vengono eliminati ma si cerca di dar loro una seconda vita. Noi vogliamo sviluppare un dispositivo sostenibile in grado di recuperare le terre rare dei rifiuti elettronici. Così, gli ioni delle terre rare vengono trasferiti in acqua e successivamente catturati dal nostro dispositivo. Ulteriori trattamenti permetteranno di recuperare le terre rare e, idealmente, renderle riutilizzabili per la produzione di nuovi dispositivi elettronici e tecnologie innovative “.

Per Fabio Pegorin, di Eit RawMaterials vanno rafforzate “le filiere locali per un approvvigionamento stabile e sostenibile di questi materiali. Imperativo, sostenere progetti e incentivare nuovi approcci e tecnologie come quelli proposti da Rare”.

Torna alle notizie in home