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Un Pd per due: nasce la corrente Bonaccini “Elly: non la temo”

di Eleonora Ciaffoloni -


Un Pd per due: nasce la corrente Bonaccini “Elly: non la temo”

A volte non basta l’entusiasmo. Come non basta l’ondata di positività data dalla partecipazione alle primarie o l’effetto del volto nuovo al comando. In casa Partito Democratico ancora non si è trovata una quadra. O meglio, non sembra essere riconosciuto come tale quel perno che tutto dovrebbe tenere in piedi: il segretario.
Perché dopo gli ultimi mesi in cui Elly Schlein ha cercato di tenere insieme – ma riscuotendo l’effetto contrario -, le storture di naso l’hanno fatta da padrone e al Nazareno l’ala cattolica e quelle riformista non l’hanno di certo nascosto. Non per ultima la divisione sulla questione dell’utero in affitto, che ha costretto la segretaria a una posizione equilibrista sul voto e sugli emendamenti per non scontentare – e per non turbare – le varie aree del partito. Ora l’entusiasmo, o almeno quello che c’era, è svanito e a insinuarsi tra le crepe dello scontento c’è la corrente – anzi, la “correntona” di Stefano Bonaccini, che sembra essere ormai anche “ufficializzata”.

Corrente Bonaccini: chiamata alle armi

Il presidente della Regione Emilia-Romagna dopo la sconfitta delle primarie e dopo la porta in faccia presa da parte del governo, che ha scelto il generale Figliuolo come commissario per la ricostruzione post alluvione, torna a chiamare alle armi i fedelissimi e gli uomini e le donne della sua corrente, tutti a Cesena. Nella città, che tra le altre è stata una delle più colpite dalle calamità naturali dello scorso maggio, Bonaccini ha lanciato “Energia popolare”, la “non corrente” – così da lui definita, anche se nei fatti sembrerebbe esserlo -, o meglio l’area culturale per “dare un contributo di idee al Pd”.
Un momento per rimettere insieme tutta la corrente, tutti coloro che lo avevano sostenuto durante la campagna elettorale per le primarie e tutti quelli rimasti scontenti a seguito dell’elezione, ma soprattutto a seguito delle decisioni e delle nomine fatte dalla nuova segretaria. Di certo Bonaccini non è l’ultimo arrivato in casa Pd, ed è anche il Presidente – una nomina più “dovuta” che voluta – ciononostante sembra essere il primo che potrebbe staccarsi in modo netto dalla dirigenza del Nazareno.
Eppure, la corrente del governatore sembra essere molto ampia: perché non ci sono solo tutti i fedelissimi e anche tutti i grandi nomi dell’ala riformista: da Fassino, a Malpezzi, passando per Guerini e Bonafè, ma anche quelli che dalla barricata Schlein si sono sentiti meno considerati o addirittura fuori dall’élite della dirigenza, senza dimenticare l’endorsement che arriva dalla terza sconfitta alle primarie Paola De Micheli.
Non per ultimi, ci sono anche tutti gli amministratori locali: dai sindaci, e quindi dal coordinatore dei dem Matteo Ricci e dal presidente Anci e sindaco di Bari Antonio Decaro, fino ai governatori, con De Luca non solo in prima linea, ma anche in piena rotta con la segretaria, da cui non si è fatto vedere all’evento di Napoli incentrato sul tema caldo dell’Autonomia strategica.

La paura fa 2024

L’aria che tira dalle parti del Nazareno sembra piano piano cambiare e lo sanno bene. Perché quella di Bonaccini è una ricucitura pronta allo strappo: a poco serve nascondersi dietro l’invito di Cesena e dietro una tiepida accoglienza con applauso risicato. Anche la segretaria lo sa e per provare a dare una parvenza di unione, alla presentazione di “Energia Popolare”, ha giocato la carta dello spirito di gruppo ricordando che “Siamo tutti orgogliosamente parte della stessa squadra”.
Squadra che deve cercare di mantenere unita, se vuole arrivare indenne alle elezioni Europee del 2024, visto che con queste divisioni interne che non accennano a rientrare (anzi), il Pd potrebbe non raggiungere la soglia del 20%, con l’aggravante che in Europa non si potrà contare sui campi larghi. E così, la segretaria dovrà guardarsi bene, non solo dai “nemici” esterni, continuando a fare opposizione al governo, ma anche da quelli vicini pronti a fare il passo falso, fino a quelli interni che potrebbero spaccare il partito prima ancora di fare un giro di boa, o almeno, prima di affrontare i l primo vero scoglio: le elezioni.


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