Cultura & Spettacolo

VISTO DA – Si vede “Piano Piano” e si gusta (il) Napoli che vince al cinema

La recensione del film di Nicola Prosatore presentato al festival di Locarno nel 2022

di Riccardo Manfredelli -


VISTO DA – “Piano Piano” di Nicola Prosatore (2022)

Sullo sfondo di una Napoli che si prepara a festeggiare il suo secondo scudetto, Anna (Dominique Donnarumma) attraversa quel limbo che dall’infanzia la porterà a diventare una donna adulta, tra i primi rossetti a rimpolpare le labbra di nascosto da mamma, le sigarette fumate di nascosto e l’idealizzazione del primo amore. Sarà un uomo misterioso, in scena con le fattezze di Antonio Di Matteo a farle capire ciò che conta davvero: «Anche io ho una figlia. La prima volta che l’ho vista truccata le ho detto che era brutta. Voi e questa fretta di diventare adulti… ma non lo vedete gli adulti che vita di merda fanno? Sempre a correre, a correre, ma dove cazzo andate?».

Di Matteo (al cinema già un anno fa con l’opera prima di Beppe Fiorello “Stranizza d’amuri”) è solo uno dei tanti attori provenienti dalla serie fenomeno “Mare Fuori” di cui Nicola Prosatore si contorna per il suo debutto alla regia, “Piano Piano”, presentato a Locarno nel 2022, a ulteriore riprova di quanto il racconto di Cristiana Farina e Michael Careddu sia diventato centrale per l’industria televisivo-cinematografica italiana.

Ci sono anche Giuseppe Pirozzi, che in “Piano piano” dà voce alla fame di riscatto di Peppino, che è quella di una comunità intera («Mio padre si è giocato la vittoria del Napoli. Se vinciamo, abbiamo i soldi per comprarci la casa nuova»), Antonia Truppo, compagna e musa di Prosatore, entrata in “Mare Fuori” con il ruolo della madre di Rosa Ricci, per il quale una matrice più che evidente è la Claudia Cardinale de “I giorni della civetta”, e Massimiliano Caiazzo che Prosatore ha voluto come protagonista del biopic, già attesissimo, Je so pazz sui primi anni della carriera di Pino Daniele.

Una Napoli vincente sul campo da calcio è anche quella che suggerisce l’humus a Parthenope di Paolo Sorrentino: la protagonista, interpretata in età adulta da una Stefania Sandrelli che ha di recente dato il proprio addio al cinema, interrompe il racconto della sua vita, il film è a ben vedere un lungo flashback, proprio mentre la città si veste a festa per lo scudetto del 2023. Sono i colori della sua squadra, in definitiva, il trait d’union che tiene insieme la dimensione privata e quella narrativa di Paolo Sorrentino: questa giustapposizione è più evidente che mai in “E’ stata la mano di Dio” (2021), il film più autobiografico del visionario regista (Premio Oscar nel 2014 per “La Grande Bellezza” e senz’altro quello che restituisce il senso della sua vocazione per il cinema: alla morte dei genitori, a Paolo la realtà non piace più, gli fa schifo. Sceglie perciò la cinepresa per provare a costruirne una migliore.

Prossimo tassello del puzzle sarà “La Grazia” in cui Sorrentino tornerà a dirigere – per la settima volta – Toni Servillo. Del film solo che «è una storia d’amore che coinvolge un Presidente della Repubblica». Sorrentino, alle Giornate Professionali del Cinema di Sorrento lo scorso novembre, si era fatto sfuggire poco altro: «Sono circa vent’anni che io e Toni pensiamo di fare il classico film d’amore, ma a modo nostro. Ora abbiamo trovato una chiave per declinare l’idea alla maniera di Truffaut».


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