L'operazione voluta dal premier israeliano Benjamin Netanyahu, secondo il Sipri di Stoccolma, accelererà una tendenza già esistente
Siamo nel Far West e il pistolero Trump ne spara a raffica. “Sappiamo dov’è Khamenei, per ora non lo uccideremo”. E ancora: “Vogliamo la resa incondizionata dell’Iran”. Parole che sono musica per il premier israeliano Netanyahu.
Il pericoloso innesco
L’attacco di un Paese che già possiede 90 testate nucleari, pur non avendolo mai ammesso, ad un altro accusato di essere sul punto di averne, non solo non riduce il rischio della proliferazione delle armi di distruzione di massa, ma innesca la reazione opposta. La mossa di Israele contro l’Iran è un azzardo, le cui possibili conseguenze continuano evidentemente a sfuggire a molti.
Il pericolo più immediato è stato evidenziato dall’Agenzia internazionale per l’energia atomica. L’organo di controllo delle Nazioni Unite ha reso noto che ci sono stati “impatti diretti” sulla parte sotterranea del sito nucleare iraniano di Natanz durante i raid israeliani.
“Sulla base di una continua analisi delle immagini satellitari ad alta risoluzione raccolte dopo gli attacchi di venerdì, l’Aiea ha identificato ulteriori elementi che indicano impatti diretti sulle sale di arricchimento sotterranee di Natanz”, ha dichiarato su X l’Agenzia.
Danni visibili e invisibili
Ne esiste anche un secondo, meno “visibile” al momento. “Negli ultimi cinque o sei anni, ci sono una serie di incidenti ripetuti che dimostrano come le armi nucleari siano uno strumento di deterrenza molto potente. Se non possiedi armi nucleari, ti bombardano”, come sta accadendo adesso alla Repubblica islamica dell’Iran, ha affermato in una intervista a Nbc Robert Kelly, analista specializzato in non proliferazione alla Pusan National University in Corea del Sud.
L’operazione voluta dal premier israeliano Benjamin Netanyahu, secondo il Sipri di Stoccolma, accelererà una tendenza già esistente. “I segnali sono che si sta preparando una nuova corsa agli armamenti che porta con se molti più rischi e incertezze di quella precedente”, ha commentato il suo direttore, Dan Smith.
La posizione pro Israele del G7
L’azione di Tel Aviv non si può definire nemmeno “mirata”, come dimostra il già elevato numero di vittime. Sarebbero più di 450 i morti e oltre 640 i feriti in Iran da venerdì scorso. A denunciarlo è stata l’organizzazione Human Rights Activists (Hrana). Il bilancio è di 224 civili uccisi e 188 feriti. I caduti tra i militari sono 109 , mentre altri 123 hanno riportato ferite. Altri 119 morti e 335 feriti non sono stati ancora identificati.
“Siamo sempre stati chiari sul fatto che l’Iran non potrà mai possedere un’arma nucleare. Esortiamo affinché la risoluzione della crisi iraniana porti a una più ampia de-escalation delle ostilità in Medio Oriente, compreso un cessate il fuoco a Gaza”, hanno scritto i leader del G7 nella dichiarazione congiunta sulla situazione in Medio Oriente, firmata anche dal presidente statunitense, aggiungendo che “in questo contesto, affermiamo che Israele ha il diritto di difendersi. Ribadiamo il nostro sostegno alla sicurezza di Israele. Affermiamo inoltre l’importanza della protezione dei civili. L’Iran è la principale fonte di instabilità e terrore nella regione”. Un approccio molto sbilanciato a favore di Tel Aviv, che ha suscitato la reazione immediata della controparte.
La replica dell’Iran
“Il G7 deve abbandonare la sua retorica unilaterale e affrontare la vera fonte dell’escalation: l’aggressione di Israele”, ha ribattuto il portavoce del ministero degli Esteri iraniano Esmaeil Baqaei, in un post su X. Per Baqaei, il documento “ha ignorato in modo evidente la palese aggressione di Israele contro l’Iran e gli attacchi illegali alle nostre infrastrutture nucleari pacifiche, nonché gli attacchi indiscriminati alle aree residenziali e l’uccisione dei nostri cittadini”.
Davanti a questo, ha proseguito il portavoce, “gli Stati membri del G7, in particolare i tre membri permanenti del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, devono assumersi la propria responsabilità legale e morale nei confronti di un atto di aggressione eclatante contro un membro delle Nazioni Unite”.
Dopo aver sottolineato che “le cose vanno chiamate con il loro nome”, Esmaeil Baqaei ha sostenuto che “la guerra di aggressione di Israele contro l’Iran è un duro colpo per la Carta delle Nazioni Unite e per il diritto internazionale. È anche un attacco senza precedenti ai principi del Trattato di non proliferazione”.
Gli Usa non sono in una posizione facile
Gli Stati Uniti sono in difficoltà. “Non sto cercando un cessate il fuoco, stiamo cercando di fare meglio di un cessate il fuoco…una fine, una fine vera” della guerra, ha assicurato Donald Trump ai giornalisti a bordo dell’Air Force One che lo ha riportato a Washington dopo aver lasciato anticipatamente il G7 in Canada. Trump potrebbe mandare il suo vice JD Vance o l’inviato della Casa Bianca Steve Witkoff a trattare con gli iraniani.
I potenziali danni per l’Ue
Un’ultima “ricaduta” del duro confronto armato in atto, riguarda infine le “forniture di energia” all’Ue dall’area del Medio Oriente e del Golfo, sia per quanto riguarda il petrolio che il gas. Finora l’impatto sul versante energetico sembra essere “contenuto”, ma siamo solo “agli inizi”, un po’ troppo presto per valutarne appieno le conseguenze, ha rivelato un alto funzionario Ue a Bruxelles.