Esteri

È la partita dei due leader contro Biden. Se Xi vince si prenderà anche l’Europa

di Edoardo Sirignano -


“La vera ragione del confronto è far partire un’iniziativa politica alternativa a quella dell’Occidente. Se il segretario generale del Partito Comunista riesce a far cessare il conflitto in Ucraina, anche l’Europa rivedrà le sue posizioni”. A ribadirlo Filippo Fasulo, analista dell’Ispi ed esperto di Cina.
Quale significato assume il confronto con Putin?
Centrali i rapporti bilaterali, ma ancora di più è la legittimazione del ruolo di Putin da parte di Xi Jinping. Il presidente cinese comunica il supporto del suo paese alla rielezione del capo del Cremlino, pur avendo quest’ultimo non ancora annunciato la sua candidatura. Un sostegno importante, considerando che avviene a pochi giorni dalla decisione della Corte penale internazionale. Obiettivo principale di Pechino è presentarsi, nei fatti, come mediatore di pace.
Come si arriva a tale svolta?
C’è un lungo percorso di preparazione. L’accordo fra Iran e Arabia Saudita, i famosi 12 punti, lo testimoniano.
La Cina, però, non rischia di allontanarsi troppo da Usa e Ue?
La vera ratio del vertice è dire, in modo esplicito, che c’è un’iniziativa politica alternativa a quella dell’Occidente.
Possiamo parlare di mondo multipolare?
Una delle parole più usata, a queste latitudini, è multipolarismo. Altra espressione ripetuta è democratizzazione delle relazioni internazionali. Sono entrambi concetti che si oppongono all’unilateralismo supposto dagli Stati Uniti. Il punto in comune tra Putin e Xi è la critica all’ordine liberale guidato dalla Casa Bianca. Questa, d’altronde, è il vero collante dell’amicizia senza limite tra le due potenze, che va avanti da oltre un anno. Dalla guerra in poi, posizioni, che prima potevano apparire sfumate, diventano esplicite.
Come?
Abbiamo un tentativo di allargamento dei Brics, di rafforzamento della Sco, così come una serie di iniziative per la promozione di nuovi strumenti di politica internazionale come la Global Security Initiative o la Global Development Initiative. L’obiettivo è riscrivere l’ordine internazionale con una visione cinese.
Il messaggio è stato compreso dall’Europa?
Il multipolarismo è un fenomeno in divenire. Il vertice tra Xi e Putin è una critica all’unipolarismo americano, ma allo stesso serve per attrarre quei paesi che non vogliono prendere una posizione tra un campo e l’altro. Tutto quanto accaduto negli ultimi mesi, d’altronde, è un ritorno al tema dei cosiddetti “non allineati”, adesso indicati sotto l’etichetta di “Global South”. Non a caso anche l’India ha ripreso questo concetto. L’idea probabilmente è quella di porsi al vertice di uno schema. Bisogna tener conto, poi, dell’espansione dei Brics. Ci sono decine di paesi candidati. La stessa mediazione cinese tra Iran e Arabia Saudita rientra anella strategia per coinvolgerli all’interno di un eventuale nuovo campo allargato e senza particolari confini.
La Cina ha davvero la possibilità di far cessare il conflitto in Ucraina?
Ritiene di poterlo fare. Lo dovrà, però, dimostrare con le azioni. Se dovesse riuscire nell’impresa, il guadagno politico sarebbe molto alto. Allo stesso modo, Pechino può fallire. Siamo in un momento cruciale del percorso post-guerra. Capiremo qualcosa di più nel caso in cui, dopo questo vertice, ci sia una telefonata tra Xi Jinping e Zelensky, come annunciato. Da lì si potrà capire il risultato dell’azione cinese.
Se fallirà il piano mandarino, cosa succederà?
Le posizioni sarebbero ancora più rigide e la frattura tra le autocrazie, Russia e Cina e le democrazie occidentali risulterebbe più accentuata. Ci troviamo già in una fase di profonda competizione tra Pechino e Stati Uniti.
Gli Stati Uniti, invece, come hanno reagito al vertice?
Al momento con freddezza. I cinesi si sentono legittimati a presentarsi come promotori di un ordine rinnovato e alternativo. Se l’operazione di Xi dovesse riuscire, pure l’Europa si avvicinerebbe al governo di Pechino. Sarebbe visto in modo più positivo rispetto a quanto richiesto dagli americani.
Ci sarebbe anche una nuova leadership economica globale?
La questione economica dipende dal superamento delle fragilità del tessuto produttivo cinese. Un rafforzamento politico, comunque, migliorerebbe e non poco gli scambi commerciali.
Rispetto a tutto ciò, i veri sconfitti sono i dem di Biden?
La strategia degli Usa la fa il presidente. Il punto è capire se la strategia di confronto diretto, portata avanti dalla Casa Bianca, sia efficace oppure no. Nel caso in cui la Cina dovesse ottenere un vantaggio, il destino di Biden è segnato.

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