Esteri

Gli aerei su Taiwan e l’ombra del conflitto mondiale

di Redazione -


di NICO BOVE

 

Decine di aerei cinesi hanno violato la spazio aereo di Taiwan in quella che, allo stato attuale, è la più grande incursione finora registrata da quando è iniziata l’escalation in seguito alla visita della Speaker della Camera Usa, Nancy Pelosi. Sono 71 gli aerei, compresi caccia e droni, che sono entrati nelle scorse 24 ore nello spazio di identificazione aerea taiwanese nel versante sud-occidentale, 43 dei quali, rendono noto dal ministero della Difesa, hanno sconfinato nello Stretto, superando la cosiddetta linea mediana che lo attraversa. In un messaggio pubblicato su Twitter, si legge che “60 aerei da combattimento hanno preso parte alle esercitazioni, tra cui sei SU-30”. Nello stesso giorno c’è stata anche l’incursione di sette unità navali cinesi.
Nella giornata di domenica, il Comando Orientale dell’Epl aveva definito l’avvio delle esercitazioni militari “una risposta risoluta all’attuale escalation e alle provocazioni” di Washington e Taipei. L’avvertimento del portavoce, il colonnello Shi Yi, era stato chiarissimo: i militari coinvolti avrebbero preso “tutte le misure necessarie per difendere risolutamente la sovranità nazionale e l’integrità territoriale” della Cina.
Il National Defence Act firmato dal presidente degli Stati uniti Joe Biden prevede 858 miliardi di dollari di spese militari per il 2023, tra cui lo stanziamento di dieci miliardi di dollari nei prossimi cinque anni da destinare al governo filoatlantico dell’isola ribelle per modernizzare il suo apparato di sicurezza.
Grande irritazione ha provocato tra i vertici politici cinesi l’idea statunitense di estendere anche a Taiwan l’invito a partecipare alle mastodontiche esercitazioni navali Rimpac del 2024, organizzate dalla Marina a stelle e strisce, che mirano a promuovere un “libero e aperto Indo-Pacifico”.
Le forze militari di Taiwan hanno riferito di aver monitorato le mosse dei cinesi usando i sistemi di difesa missilistica e le imbarcazioni della Marina militare. Per oggi è prevista una riunione sul rafforzamento della Difesa nazionale, al termine della quale è atteso un annuncio sull’estensione di quattro mesi del periodo di leva obbligatorio.
La presidente di Taiwan, Tsai Ing-wen, intervenendo ieri ad una cerimonia militare, ha ribadito la necessità di rafforzare la capacità di difesa di fronte “alla continua espansione dell’autoritarismo”. “Più preparativi facciamo, meno possibilità ci saranno di tentativi di aggressione, più saremo uniti, più forte e sicura sarà Taiwan”, ha concluso l’ex leader del Dpp (Partito Democratico-Progressista), uscita pesantemente sconfitta e ridimensionata dalla tornata elettorale dello scorso novembre, che ha visto trionfare il Kuomintang, il Partito Nazionalista su posizioni di dialogo con la Cina.
Non più tardi di due settimane fa, in un’intervista al Guardian, il ministro degli Esteri di Taipei, Joseph Wu, si era detto sicuro che i cinesi volessero “usare un altro pretesto per esercitarsi per i loro futuri attacchi contro Taiwan”, denunciando una “combinazione di pressioni” da parte del gigante asiatico, non solo dal punto di vista militare ma anche da quello economico, diplomatico e della sicurezza informatica, con un’impennata esponenziale del rischio di incidenti.
Ian Easton del Project 2049 Institute della Virginia, autore di “The Taiwan invasion threat: Taiwan’s defense and American Strategy in Asia”, parla da tempo di un piano di conquista in tre fasi da parte dell’Esercito Popolare di Liberazione cinese, con l’impiego di almeno 300mila uomini. Secondo l’analista, le ostilità potrebbero iniziare con degli attacchi informatici mirati a internet e alle comunicazioni del governo della provincia contesa, seguiti da un massiccio bombardamento di precisione per distruggerne le infrastrutture chiave e ridurne la resistenza. Successivamente avverrebbe lo sbarco delle forze anfibie in punti strategicamente importanti come le isole Kinmen e Matsu, molto vicine alle coste cinesi, per poi espugnare la roccaforte dell’arcipelago delle Penghu. In un terzo e decisivo momento, avrebbe luogo l’invasione dell’isola con l’impiego di truppe aerotrasportate. Per Easton, l’operazione militare cinese potrebbe entrare nel vivo o tra fine marzo e fine aprile, o tra fine settembre e fine ottobre, con condizioni climatiche favorevoli.


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