Cronaca

IN LIBRERIA – “Un castello di bugie”: il potere onirico della menzogna

di Eleonora Ciaffoloni -


Una Islanda che sembra lontana e a tratti cupa, luogo incantato e temibile in cui Snǽbjörn Arngrimsson sceglie intrecciare il suo nuovo thriller, Un castello di bugie, tradotto da Silvia Cosimini e edito da Carbonio Editore (2023). In una domenica di ottobre, a Reykjavík, la scrittrice Júlía e suo marito Giò decidono di raggiungere, per una gita fuori porta, “Il fiordo della balena”. Lì si imbarcano su un gommone per Geirshólmi, un isolotto deserto: una destinazione che potrebbe servire per ridare ispirazione alla scrittrice immersa nelle saghe islandesi. Ma su quello scoglio in mezzo al mare la coppia ha una lite: e così Júlía prende il gommone e riparte per la terraferma, lasciando lì il marito. Una volta ritornata in città però, i sensi di colpa si fanno sentire e la donna decide di tornare a prendere Giò. Eppure, del marito sull’isola non c’è traccia. Una nuotata non può averlo salvato, ma neanche qualche passante o un turista in visita, l’isola è davvero deserta. Da qui, dalla denuncia della scomparsa di Giò, Júlía comincia a costruire un vero e proprio Castello di bugie che si interseca nelle ricerche e nelle investigazioni che si presentano da subito ricche di interrogativi. Indagini guidate dall’agente Haraldur che nutre più di qualche dubbio sulla versione di Júlía. E la nutre anche il lettore, perché è nella menzogna che le riflessioni, i racconti, ma anche i gesti della vita quotidiana di Júlía si svolgono. Non si riesce mai veramente a comprendere quali storie e quali fatti siano veritieri e quali no, o quanta menzogna ci sia dentro un’azione. La scrittrice, come nei suoi romanzi, cerca di abbellire, di arricchire e di portare alla luce una storia distorcendola e non riuscendo mai a dire la verità, a tratti non riuscendo neanche più a comprendere cosa sia realtà o finzione. Anche per il lettore, la sensazione rimane la stessa: fino alla fine (e forse neanche a quel punto) si riesce a scindere la verità dalla fantasia e dalle menzogne di Júlía. Un thriller psicologico che tiene il lettore attaccato alle pagine, aspettando il colpo di scena successivo, mentre la trama continua a svilupparsi senza mai cadere nello scontato e senza andare fuori dal seminato. Un thriller che inizia come tale e che si trasforma in romanzo psicologico e con cui Arngrimsson segna il passaggio (ben riuscito) dalla letteratura per ragazzi al mondo dei bestseller.


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