Cultura & Spettacolo

L’affaire Modigliani: la verità di Parisot

di Redazione -


di ALBERTO FILIPPI

A sei anni dal sequestro e dall’inizio del processo – terminato con le assoluzioni – sui falsi Modigliani di Genova del 2017, parla Christian Parisot, critico d’arte ed ex presidente degli Archivi Modigliani.
In qualità di testimone non ha commentato in nessuna occasione la sentenza del Tribunale di Genova, per quale ragione?
Le sentenze non debbono essere commentate, ma accettate e ricondotte alla volontà e capacità del Giudice Deplano che ha avuto il tempo per prendere conoscenza del dossier, facendo riferimento all’accusa, alle ragioni dei Pm e alle prove.
Lei è stato in aula del Tribunale di Genova per due giorni, per esplicita richiesta del Giudice, il quale ha posto molte domande in merito alle opere, agli Archivi, ma soprattutto alle sue conoscenze in materia.
Le opere d’arte del periodo d’avanguardia, tra il 1900 e il 1920 sono particolarmente soggette a interpretazioni, che devono essere rispettate come tali, non essendoci registri, contratti o fatture, sono atti di fede. Amedeo Modigliani ha avuto grande coraggio a lasciare l’Italia nel 1906, per correre l’avventura parigina, dopo grandi movimenti sociali e cambiamenti. Dobbiamo ricordare che l’artista ha lavorato intensamente dall’età di 14 anni a Livorno, “dipingendo tutto il giorno” come lo testimonia Eugénie Garcin, la madre. Dopo gli anni d’apprendimento a Firenze e Venezia, Modigliani parte per Parigi, lasciando decine di opere e carnets da disegno, sculture classiche. Tutte scomparse? Non credo affatto!
Ma Jeanne Modigliani ha fatto una ricerca di alcuni anni tra il 1946 e il 1955 per scoprire la verità, per interrogare i famigliari e gli amici, dove sono le sue prove e le testimonianze vere?
I famigliari hanno taciuto per rispetto della morale che impediva di rilevare le cause della sua malattia, la tubercolosi, senza possibilità di guarigione. Amedeo ha potuto viaggiare a Roma, Napoli e Capri, passando mesi di riposo e intense scoperte archeologiche, artistiche e museali, le tracce di tutto questo forse appariranno, ma saranno lontane dalla ricerca d’avanguardia intrapresa a Parigi. E forse per questo “dimenticate” in Italia.
Sono molti i punti oscuri nella vita dell’artista, questo ha dato adito a interpretazioni “leggendarie”, come per caricaturare ancora di più la scelta spontanea di un giovane bohemien?
La scelta non era leggendaria, ma sofferta, vissuta con coraggio e con un’intuizione che fanno di lui un grande creatore, amante della letteratura, della nascente tecnica fotografica, della pittura e scultura. Sicuramente lo scultore era preparato, aveva sperimentato le tecniche d’intaglio e volumetriche, la terza dimensione e la conoscenza del marmo. Tempi dedicati allo studio, che scaturiscono nella realtà della sperimentazione d’avanguardia a Parigi.
Ma quanti sono stati i suoi atelier a Parigi da Montmartre a Montparnasse?
Molti, improvvisati il più delle volte. Da Montmartre non si è mai separato, vivendo tra le due sponde della Senna, scegliendo poi dal dopo guerra una sede quasi permanente a Montparnasse in compagnia di Brancusi, ma con spostamenti repentini, soprattutto negli anni durante la Prima Guerra Mondiale, quando scarseggiavano tele e colori. Recentemente i laboratori del Louvre e dei Musei di Francia hanno rivelato che almeno un terzo delle tele utilizzate in quel periodo era di recupero e per i colori ci sono delle prove irrefutabili su pigmenti comperati in polvere dai mercanti di colori, tele e cordami. Le recenti analisi (1981) hanno confermato che il Bianco di Titanio era presente in larga misura sulla tela dipinta ad olio, nel “Ritratto di Diego Rivera” (1914), su tutta la parte di fondo e nei tracciati di preparazione. Ciò dimostra che le prove presentate sono irrefutabili e non andrebbero confuse con il deposito legale della formula chimica di fabbricazione industriale, avvenute dal 1926 in Francia, quando la scoperta del composto chimico fu depositata da Jacques Auguste Rossi nel 1908 e prodotta artigianalmente, e poi in grandi quantità dal 1918.
Questi colori erano in commercio a Parigi?
Certamente, le prove lo dimostrano, l’uso del pigmento in polvere impastato con altri colori, o usato come stesura permanente, rimaneva un elemento di particolare interesse, perché non ingialliva come gli altri prodotti artigianali.
Dove sono le incongruenze del Pm che vuole dimostrare che questo prodotto era di produzione posteriore al 1914, per poter dimostrare la sua tesi di falsità attribuendone la produzione al 1926?
I laboratori del RIS tentano di dimostrare la stessa cosa, la stessa data e l’uso improprio del colore Bianco di Titanio, ma non possono cancellare la storia delle invenzioni depositate presso il Museo a Berlino, e le recenti ricerche dei laboratori francesi. Non l’hanno potuto verificare i carabinieri italiani, che si basano su ricerche e depositi legali di fabbricazione industriale. Il Notaio tedesco Bernhelm Bonk ha smentito anche Restellini che affermava che il prodotto non poteva essere esportato in tempo di guerra, quando invece lo era, in polvere, in botti provenienti dal Canada e sbarcate in Germania.
Ma le ricerche chimiche e scientifiche effettuate dai laboratori dei Carabinieri del Nucleo di Roma tentano di dimostrare che l’attuale presenza di colori in superficie, dimostra la recente fattura di alcune opere di Modigliani, come è possibile?
La ricerca chimica si deve basare su supporti e sostanze prese in profondità dell’opera dipinta e non solo sugli strati di verniciatura protettiva recente. Per legge il Nucleo non ha potuto approfondire. Non possiamo colpevolizzare nessuno, ma i dipinti devono essere considerati in vari strati, lo stesso artista utilizzando tele già dipinte doveva ricoprire per dipingere e non si possono applicare tecniche di prelievo in superficie.
Dunque le ricerche scientifiche dei laboratori dei Carabinieri si sono limitate ad analizzare con metodi non invasivi gli strati pittorici delle opere di Modigliani?
Si, solo in superficie e con metodi non invasivi.
Ad esempio il ritratto di Moricand, pubblicato e esposto, giudicato non d’epoca, con quali prove?
Il ritratto di Conrad Moricand del 1915, è stato ripreso nel 1918 a Nizza dallo stesso artista, che ha voluto dedicare a Modigliani quattro pagine manoscritte, a proposito della sua data di nascita astrologica a Nizza. In Costa Azzurra scoprivano i mondi dell’astrologia e per giorni disegnavano, dipingevano e interpretavano la galassia. Un metodo surreale, perché basato su nozioni empiriche e la dedica sull’opera di Modigliani dedicata a Moricand è un elemento proto-cubista inimitabile.
Rimane la stessa impressione nel ritratto della donna con “macarons” esposta e pubblicata sin dagli anni 70, come mai non è mai stata contestata prima?
Le opere riprodotte nel Catalogo Generale. Modigliani, di Joseph Lanthemann sono state approvate dall’avente diritto Jeanne Modigliani, e di comune accordo esposte da molti decenni, ma ora improvvisamente, un esperto che dice aver fatto delle analisi approfondite, li ritiene falsificati. Ma non si hanno tracce delle sue ricerche, se non attraverso due telefonate recenti, dove “apparivano dei tentativi di riconciliazione” con il legittimo proprietario che, rifiutando le proposte aveva dato adito a una valutazione negativa in un verbale per uso legale.
A Genova alcune opere autentiche, ma altre non attribuibili pur essendo notoriamente vere?
Certamente 21 opere sequestrate sono un errore quantitativo e qualitativo, eseguito senza rendersi conto che alcune erano già registrate dallo stesso Ministero come opere autentiche e altre con provenienze ineccepibili, come la famosa “Cariatide” disegnata, su carta d’epoca, con una grafia e una linea autentica. A me sembra eccessiva la dichiarazione davanti al giudice di un esperto improvvisato che non vede con attenzione necessaria l’opera, la provenienza, e accusa il collezionista di aver “invecchiato” il supporto con il suo amico, quando tale reperto era nelle mani del notaio. Un’affermazione senza prove, denigratoria senza precedenti, che mette in discussione la proprietà della famiglia.


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