Editoriale

L’EDITORIALE Maria Antonietta fra i trattori

di Tommaso Cerno -


Come Maria Antonietta, l’Europa promette biscotti a chi chiede il pane. Come esempio della democrazia più evoluta ormai facciamo acqua da tutte le parti. Pronti a denunciare le manette di Ilaria Salis, ma non a vedere la prigione in cui vivono milioni di europei privati, anch’essi, del loro futuro.

A sentir parlare i nostri leader planetari i trattori dovrebbero già volare e l’intelligenza artificiale dirci che raccolto faremo. E invece l’unica finestra sul futuro di una industria millenaria sono i grilli ridotti a farina. E se ci pensate bene, per quanto l’ottimismo che alberga nelle menti delle multinazionali che guidano questo delicato passaggio dell’umanità ci indichi con molta sicurezza la strada da imboccare, è la prima volta da almeno un secolo in cui il domani appare alla maggioranza della popolazione più incerto e cupo nelle tinte di quanto fosse il passato. E’ un’inversione politica, che si ripercuote sulle democrazie per la prima volta in difficoltà quando governano e non quando stanno all’opposizione, e che manda il capitalismo a processo per la prima volta dopo la caduta del muro di Berlino.

Bruxelles messa a ferro e fuoco da una rinnovata rivolta dei contadini, con il dubbio che le stesse associazioni di categoria che hanno animato questa protesta siano quelle che hanno già firmato, in gran segreto, gli accordi politici da cui deriva la rabbia degli agricoltori, si proietta dentro un continente che all’improvviso ci mostra l’inconsistenza del proprio modello politico, l’insufficienza delle proprie risorse economiche, l’insipienza della sua classe diplomatica, l’inconsistenza delle sue previsioni sul futuro dell’economia globale.

E questo stesso continente sta per entrare nella campagna elettorale per le elezioni europee assediato da due guerre che non è in grado di gestire, ma che alimenta con l’invio di miliardi a sostegno degli armamenti, che servirebbero invece per innaffiare il concime popolare su cui si basa la tenuta democratica del nostro sistema. Le promesse di pace sono meno realistiche della beneficenza del pandoro di Chiara Ferragni. Con la differenza che non esiste un Antitrust della politica che mente, a meno che questa funzione non sia delegata all’unico arbitro sopravvissuto alla crisi dei sistemi costituzionali che avevano reso il Novecento il grande secolo dello sviluppo e della speranza per il futuro: le urne.

E così mentre i trattori accerchiano Bruxelles la domanda che circola nelle classi dirigenti alle prese con i simboli e gli algoritmi elettorali è se quel 30 per cento di arrabbiati che negli ultimi anni hanno abbandonato le urne sommandosi al 20 per cento di astensionisti cronici cresceranno nell’idea (che al potere piace) che tanto non cambia niente oppure stavolta saranno capaci di indirizzare la propria protesta in un luogo politico che possa cambiare queste nenia sonnifera che ha portato il nostro modello alla più grande crisi dalla rivoluzione francese.

E’ una domanda cui ancora non siamo in grado di rispondere. Ma che pretenderebbe un forte impegno dei leader politici europei in questa competizione, proprio per porre le basi di una riforma in chiave politica dell’Unione. Mentre, come abbiamo visto, la lectio più ascoltata è quella che vorrebbe il solito Parlamento di cooptati. Tanti piccoli Cozzolino, che hanno già dimostrato di cosa sono capaci una volta seduti sulla poltrona più pagate della politica planetaria.


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