Salute

Le mascherine? Un “rituale sociale”

di Federico Cenci -


Uno studio sulla popolazione giapponese rileva come il dispositivo sanitario rischi di diventare un mero simbolo di adesione a una convenzione

Prima che sopraggiungessero il Covid e le conseguenti misure politiche per arginarlo, indossare la mascherina sul volto era un’abitudine appannaggio quasi esclusivamente delle popolazioni dell’Estremo oriente. Pertanto il tema, in Occidente, era considerato poco o nulla. Ma oggi che il dispositivo sanitario è diventato uno strumento diffuso ovunque nonché un argomento di discussione frequente, può essere utile rispolverare uno studio uscito il 23 marzo 2013 su Wiley Online Library, casa editrice statunitense specializzata in testi di riferimento. Sulla base di una ricerca effettuata in Giappone, gli autori contestano la convinzione secondo cui la pratica di indossare la mascherina corrisponda a un gesto di cortesia tipicamente orientale, nella fattispecie nipponico, nei confronti del prossimo. La conclusione cui giungono gli esperti, piuttosto, è che tale pratica non abbia più una chiara finalità. Iniziata a radicarsi dagli anni Novanta attraverso una combinazione di pressioni commerciali, aziendali e politiche sull’importanza di tutelare la salute pubblica, negli anni seguenti quella di indossare la mascherina è diventato una sorta di “rituale sociale”. A tal proposito viene citato il lavoro di Peter Baehr “Città sotto assedio: tolleranza autoritaria, cultura della mascherina e crisi della Sars a Hong Kong”, nel quale si legge che socialmente l’assenza di mascherina dal volto “è accolta con giusta indignazione”, come “un chiaro segno di violazione del rituale”. Del resto, prosegue l’autore, la mascherina “simboleggia una regola di condotta, vale a dire l’obbligo di proteggere la comunità più ampia e un’aspettativa su come un individuo deve essere trattato dagli altri”. Tradotto: la mascherina, prima ancora di essere uno strumento di profilassi sanitaria, diventa il mezzo “con cui le persone comunicano la propria responsabilità al gruppo sociale di cui fanno parte”. Nello studio si fa riferimento a un caso eloquente: durante l’epidemia di Sars, il segretario alla Salute di Hong Kong, Yeoh, in un’occasione si è rifiutato di indossare una mascherina, spiegando che il virus fosse trasmissibile solo attraverso il contatto intimo. Senza contestare la veridicità di una tale affermazione, Baehr descrive il gesto del segretario alla Salute come una “gaffe sociale di prim’ordine”. Ecco come il rituale in certi casi abbia una funzione sociale più che medica.

È esattamente quanto sta accadendo oggi, con la pandemia di Covid, nelle società occidentali. Prova ne sono le persone che la indossano anche laddove non sia obbligatorio e persino in circostanze in cui le possibilità di trasmissione del virus sono pressoché nulle, per esempio da soli all’aperto. Costoro, più che compiere un gesto di tutela della salute, aderiscono dunque a un rituale. Uno studio di Robert Crawford intitolato “Rituale del rischio e gestione del controllo dell’ansia nella cultura medica”, ritiene però che questi rituali anziché risolvere le ansie attorno ai quali si sviluppano, rischiano piuttosto di alimentarle. Crawford rileva: “Le ansie esistenziali legate ai rischi per la salute non sono facilmente gestibili e questo va anche al cuore del problema della responsabilizzazione. Gli individui sono resi retoricamente responsabili di problemi sui quali in realtà hanno poco controllo, rendendo l’assunzione di responsabilità illusoria come gli effetti protettivi dei rituali che possono accompagnarli”. Non solo. A prescindere dall’aspetto squisitamente psicologico, lo studio di Baehr sottolinea che le mascherine non sono utili “incondizionatamente”, persino possono avere “l’effetto opposto a quello previsto”. Lo studio fa degli esempi concreti: “A meno che non ci sia un sigillo completo attorno alla mascherina è inutile contro la penetrazione di un virus, rendendo illusoria qualsiasi funzione protettiva. Inoltre, sono scomodi e possono essere regolati frequentemente dalle mani senza che chi li indossa nemmeno se ne accorga”. E ancora: “L’area coperta dalla maschera può bagnarsi di saliva e la maschera stessa può diventare umida, favorendo i batteri”.


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