Shakespeare: storia, leggenda e il legame nascosto con la Sicilia
Nel cuore della letteratura mondiale brilla il nome di William Shakespeare, poeta e drammaturgo inglese tra i più celebrati di tutti i tempi. Ma dietro la sua figura si cela da secoli un alone di mistero: chi era davvero Shakespeare? Come poteva conoscere così bene l’Italia, le sue città, la sua cultura, tanto da ambientarvi la maggior parte delle sue opere? Una teoria affascinante – sebbene priva di conferme ufficiali – sostiene che Shakespeare fosse in realtà siciliano, e che prima di diventare il simbolo della letteratura inglese abbia vissuto proprio in Italia, forse proprio sull’isola al centro del mediterraneo. Tutto parte da una figura semi-leggendaria: Michelangelo Florio Scrollalanza, vissuto nel Cinquecento e descritto da alcuni come uomo di lettere, appartenente a una famiglia colta e protestante, costretta a fuggire dall’Italia per via dell’Inquisizione. Secondo questa ipotesi, Michelangelo – o il figlio – si sarebbe rifugiato in Inghilterra, dove avrebbe tradotto le sue opere in inglese, cambiando nome. Da “Scrolla Lanza ” a “Shake Speare ”: la traduzione letterale regge e su questa curiosità linguistica è stata costruita tutta una mitologia parallela. La teoria è affascinante anche perché risponderebbe a un enigma che molti studiosi si pongono da tempo: come poteva Shakespeare conoscere con tale precisione città come Messina, Venezia, Verona, Padova, descritte con dettagli vividi e reali, se non vi fosse mai stato? Le sue opere trasudano cultura mediterranea, riferimenti classici, una familiarità con le tradizioni italiane e persino con il dialetto. Secondo alcune narrazioni (mai del tutto confermate), Shakespeare avrebbe soggiornato in Sicilia, forse a Palermo, forse a Messina, tra la fine degli anni ’50 e l’inizio degli anni ’60 del Cinquecento, in un periodo ancora oscuro della sua biografia. Sarebbe stato ospitato da nobili locali o forse da comunità protestanti italiane in esilio, e avrebbe iniziato lì a scrivere i suoi primi testi teatrali. Una teoria, non una certezza storica. Ma d’altronde anche la vita documentata di Shakespeare è piena di “buchi neri” e molte delle sue fonti non sono mai state identificate. Il fascino di questa ipotesi risiede nella possibilità che l’identità culturale di Shakespeare non fosse solo inglese ma profondamente europea e mediterranea. Un’anima anglosiciliana. Se fosse vero il legame tra Shakespeare e la Sicilia, i rapporti tra l’isola e la Gran Bretagna inizierebbero ben prima dell’epoca di Horatio Nelson. Ma se Shakespeare fosse davvero passato da qui, allora quel legame sarebbe ancora più profondo, intessuto non solo di guerra e diplomazia, ma anche di poesia, arte e visione. Ovviamente, la teoria dello Shakespeare siciliano molti studiosi la considerano una leggenda romantica, figlia di suggestioni più che di documenti. Ma la sua forza non sta tanto nella verità storica, quanto nella sua potenza simbolica. Pensare che Shakespeare abbia camminato per le strade di Messina, che abbia parlato con mercanti siciliani, ascoltato la musica popolare dell’isola o ammirato il paesaggio dell’Etna, ci regala un’immagine nuova e poetica del Bardo: non solo poeta dell’Inghilterra elisabettiana, ma cittadino del mondo. Immaginare che due delle figure più iconiche del Regno Unito – Nelson e Shakespeare – abbiano avuto un legame profondo con la Sicilia è un’idea che scalda il cuore. La verità storica può restare nei libri, ma le leggende nascono dal bisogno di sentirci parte di un racconto più grande, dove i confini si dissolvono e le culture si incontrano. Che sia vero o no, poco importa. L’idea che Shakespeare possa essere stato siciliano – o che parte della sua anima lo fosse – è un invito a rileggere le sue opere con occhi diversi. A cercare nella sua lingua quella musicalità mediterranea, quel gusto per il dramma e l’eccesso, quella passione profonda che solo la Sicilia sa dare. E chissà: magari, tra le pagine di Molto rumore per nulla, c’è davvero un pizzico di scirocco, di dialetto e di Sicilia.
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