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Tonnellate di botti pericolosi, un altro Capodanno a rischio

Un mercato stimato in circa 150 milioni di euro, un'economia illegale irrefrenabile

di Dave Hill Cirio -


I botti pericolosi che festeggeranno il Capodanno non sono quelli dei tappi degli spumanti di mezzanotte, ma la spia di un mercato illegale che ogni anno esplode sotto gli occhi dello Stato senza mai essere davvero fermato.

Un mercato enorme

Alla vigilia di San Silvestro 2025, il commercio clandestino di fuochi d’artificio si conferma filiera strutturata, ramificata e redditizia. Un sistema capace di muovere milioni di euro e di immettere sul territorio nazionale tonnellate di materiale esplosivo fuori controllo. Ciò, nonostante divieti, ordinanze e sequestri record.

Solo nel mese di dicembre le forze dell’ordine hanno intercettato quasi 3 tonnellate di botti illegali nel Bresciano, oltre 1,2 tonnellate nell’area metropolitana di Milano, più di 1,7 tonnellate tra Sicilia e Sud Italia. Migliaia di ordigni artigianali ad alto potenziale sequestrati in garage, scantinati, magazzini abusivi e depositi improvvisati.

Ogni volta – quest’anno la bomba “Gaza” a segnalare quanto disprezzo per la vita possa coscientemente albergare in chi produce questi botti – numeri significativi. Dati che raccontano un sistema organizzato, alimentato da importazioni illegali provenienti soprattutto dall’Europa dell’Est, dalla Cina e in parte dalla Spagna, dove i controlli sulla produzione risultano più deboli e i costi di approvvigionamento più bassi.

Milioni e milioni di euro

Il valore complessivo del mercato pirotecnico italiano, considerando canali legali e illegali, viene stimato tra i 100 e i 150 milioni di euro l’anno, con una quota sommersa che sfugge a ogni forma di tracciabilità fiscale e di controllo sulla sicurezza.

Un dato che tuttavia, è esso stesso la prova più evidente di un fallimento strutturale. L’assenza di uno scenario preciso, di numeri certi e di una mappatura ufficiale del fenomeno rende di fatto impossibile qualsiasi manovra efficace di contrasto.

Non sapere con esattezza quanto vale il mercato, chi lo alimenta, da dove partono i flussi e dove arrivano significa muoversi al buio, intervenendo solo sugli effetti e mai sulle cause. Le stime sostituiscono le statistiche, le operazioni spot rimpiazzano una efficace strategia, i sequestri diventano titoli di fine anno ma non incidono.

Botti di Capodanno pericolosi, una infinita “zona grigia”

In questo vuoto, i segmenti di un’economia illegale che sfruttano l’assenza di un quadro normativo e operativo unitario, trasformando la “zona grigia” in un rischio calcolato e conveniente.

Senza una fotografia reale del mercato, lo Stato non governa il fenomeno ma lo subisce, accettando implicitamente che una parte rilevante del commercio di esplosivi resti fuori controllo, con costi umani, sociali e ambientali che ricadono interamente sulla collettività.

Il prodotto clandestino costa meno, è più potente, più pericoloso e più attrattivo, soprattutto per un’utenza giovane. I sequestri crescono, ma anche i flussi, segno che la repressione colpisce soprattutto l’ultimo anello della catena, senza scalfire i livelli superiori dell’organizzazione.

Ogni tonnellata sottratta viene rapidamente rimpiazzata. Il rischio resta diffuso, dalle grandi città alle periferie, fino ai piccoli centri.

Un prezzo non solo economico

Un prezzo non solo economico. Ogni anno i botti provocano centinaia di feriti, con un’incidenza significativa tra i minorenni e con conseguenze che vanno dalle ustioni alle mutilazioni permanenti di mani, occhi e volto.

A questi dati si sommano incendi domestici e urbani, danni a edifici, veicoli e arredi pubblici, oltre a un impatto ambientale immediato e misurabile, con picchi improvvisi di polveri sottili che in poche ore raggiungono livelli paragonabili a giornate di traffico intenso.

È dentro questo scenario che la protesta contro i botti ha smesso di essere episodica ed è diventata una questione sociale strutturata.

In Italia 25 milioni di animali domestici

Negli ultimi anni, accanto alle denunce sanitarie e ambientali, si è rafforzata con forza la mobilitazione dei possessori di animali domestici, oggi 25 milioni in Italia, che chiedono lo stop ai botti non per ideologia ma per esperienza diretta.

Le esplosioni rappresentano per cani e gatti un trauma acustico grave, con livelli di rumore che superano di molte volte la soglia di sopportazione, causando panico, tachicardia, fughe incontrollate e ferimenti. Gli effetti si estendono anche alla fauna urbana e selvatica, in particolare agli uccelli, che spaventati abbandonano i siti di riparo o vanno incontro a collisioni fatali.

Ogni anno – queste le stime – migliaia di animali scompaiono o muoiono nelle ore successive alla mezzanotte, un bilancio sommerso che raramente entra nelle statistiche ufficiali ma che viene monitorato da veterinari, centri di recupero e associazioni.

Un fenomeno da sradicare

La percezione sociale è cambiata: oltre il 90% degli italiani ritiene insufficienti le misure attuali di tutela, una larga maggioranza si dichiara contraria all’uso dei botti e centinaia di migliaia di cittadini hanno aderito a raccolte firme che chiedono una legge nazionale per vietare produzione, vendita e utilizzo di botti per uso privato.

Le ordinanze comunali, centinaia in tutta Italia, mostrano un orientamento politico ma restano strumenti fragili, facilmente aggirabili e spesso privi di sanzioni realmente dissuasive. Il paradosso italiano emerge con forza: mentre la maggioranza dei cittadini chiede di archiviare una tradizione ritenuta pericolosa e obsoleta, il commercio clandestino dei botti continua a crescere, alimentato da profitti rapidi e rischi scaricati sulla collettività.

Ogni sequestro una vittoria temporanea, ma anche la conferma di un sistema che si rigenera ogni anno. Finché il botto più forte resterà quello del giro d’affari illegale, la notte di Capodanno segnerà una resa dello Stato e una sconfitta della convivenza civile.

Perché una festa che ha bisogno dell’illegalità per esistere non è una tradizione, ma un problema che non si è ancora avuto il coraggio di chiudere.

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