Esteri

“Ukraine First”: il motto di Biden

di Federico Cenci -


Il presidente Usa rispolvera una legge della Seconda guerra mondiale e stanzia un’ingente cifra per l’invio di armi a Kiev. E intanto in America cresce l’insofferenza.

Ieri a Washington le lancette dell’orologio sono tornate indietro di ottantuno anni. Così come fece il suo predecessore Franklin Roosvelt all’insorgere della Seconda guerra mondiale, Joe Biden ha firmato il Land-Lease Act, legge che consente di accelerare l’invio di armi a Nazioni in guerra scavalcando intoppi burocratici. Nel ‘41 i destinatari erano gli alleati britannici, oggi le truppe ucraine. “Il prezzo della lotta non è basso, ma cedere all’aggressione costa di più”, ha scandito Biden. Non è basso è un eufemismo. La proposta dovrebbe prevedere di fornire all’Ucraina l’equivalente in aiuti di 39,8 miliardi di dollari, cifra che supera la richiesta avanzata il mese scorso da Biden di 33 miliardi. Si tratta di 3,4 miliardi di dollari di rifornimenti militari e 3,4 miliardi in aiuti umanitari. Puntuale è giunto il commento favorevole del presidente ucraino, Volodymyr Zelensky.

Lo stesso entusiasmo – per rimanere in tema di eufemismi – è difficile riscontrarlo nell’America profonda. Già prima dell’invasione russa le risorse investite da Washington in favore di Kiev erano state ingenti. Da quando Biden si è insediato alla Casa Bianca, recitava in marzo un comunicato della Casa Bianca, “l’assistenza alla sicurezza totale degli Stati Uniti impegnata in Ucraina” è stata di 2 miliardi di dollari totali. Una volta che i primi carri armati russi hanno superato il confine ucraino, poi, gli Stati Uniti hanno allargato la borsa stanziando subito 13 miliardi da destinare a Kiev di cui 6,5 per inviare attrezzature militari. E ora, altri 39,8 miliardi di dollari in una fase storica in cui tanti cittadini statunitensi attendono ancora sostegni economici per le attività colpite dalla pandemia di Covid.

Non stupisce, allora, il risultato di un sondaggio pubblicato due settimane fa dall’istituto di statistica Gallup: rispetto all’anno scorso si riduce il numero di cittadini degli Stati Uniti che valuta positivamente la propria condizione economica. Il 16% si definisce “povero”, quasi il doppio del 9% di un anno fa, mentre il 48% afferma che la propria condizione è in peggioramento, un’inversione di tendenza rispetto a dodici mesi prima, quando era il 30%. Una delle ragioni principali di questo diffuso scoraggiamento è l’aumento del prezzo del gas, cioè una conseguenza della guerra in Ucraina: in generale il 14% ritiene che ciò abbia causato “gravi difficoltà” alle proprie tasche e, se si restringe il campo alle famiglie a basso reddito, il 70% di loro riferisce che questa situazione sta comportando difficoltà gravi o moderate. Motivi di preoccupazione sono anche le spese abitative (il 59% degli intervistati teme di non avere risorse per pagarle, in aumento di 12 punti percentuali rispetto a un anno fa), e le spese sanitarie (il 43% è preoccupato di non riuscire a sostenere l’assistenza sanitaria ordinaria).

L’insofferenza si riverbera nel calo di consenso nei confronti del presidente: secondo l’ultima rilevazione dell’Università di Quinnipiac, risalente allo scorso mese, appena il 33% degli statunitensi promuove Biden, a fronte di un 54% che lo boccia per il suo operato. L’attenzione che l’amministrazione Dem sta rivolgendo alla lontana Ucraina non fa che esacerbare le perplessità, condite dalla stampa repubblicana che in questi mesi non ha mancato di ricordare gli storici interessi finanziari che legano la famiglia Biden a Kiev. Insomma, molti americani sentono di vivere un distopico passaggio dall’“America First” di Donald Trump all’“Ukraine First” di Joe Biden. Tema che crea fermento in vista delle elezioni di metà mandato di novembre.



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