Attualità

Da Martina Carbonaro agli insulti social: se questo è un uomo

I casi di cronaca, tra femminicidi e commenti social su Giorgia Meloni e la sua famiglia

di Francesco Da Riva Grechi -


IN GIUSTIZIA – Se questo è un uomo… da Martina Carbonaro all’odio sul web contro la figlia di Giorgia Meloni

L’identità frustrata tra mente e corpo. Viviamo lasciandoci trascinare in un fluido indistinto di informazioni e di immagini sui quali abbiamo perso ogni controllo. Su questa testata, l’omicidio atroce di Martina Carbonaro, la relativa reazione della Presidente del Consiglio, madre di una bambina di 8 anni e l’infame pubblicazione su un social di un post carico di odio verso quest’ultima, è già stato commentato in molti modi. Fedeli all’impostazione di questa rubrica si cercherà qui di inquadrare il fenomeno dal punto di vista giuridico.

Purtroppo consapevoli fin dall’inizio di aggiungere nuova frustrazione al mare di cortocircuiti nel quale è naufragata la nostra identità fisica e digitale, a confronto con la giustizia. Se, infatti, dal punto di vista sociale, è impossibile non condividere il disagio con il quale Giorgia Meloni ha espresso lo sgomento di ogni madre e di ogni padre di fronte a quello che è stato possibile fare di male alla quattordicenne Martina Carbonaro; dal punto di vista giuridico, il fenomeno del web, che nutre e alimenta ogni sorta di scissione e disturbo della personalità, che sfociano in continui episodi di violenza disumana, non è minimamente disciplinato.

Soprattutto per tutelare i minori. Si sa che internet non è nato per i nostri ragazzi e si sa anche che tra noi genitori e loro figli il salto generazionale è allo stesso tempo un salto tecnologico troppo alto per trovare un linguaggio comune tra il disagio dei meno giovani e lo “scontato” dei c.d. nativi digitali, che non hanno conosciuto il mondo senza web. Quest’ultimo è invece un riferimento costante ed inconscio della nostra capacità di comprendere e giudicare la realtà che, com’è ovvio, si fonda sul confronto con le nostre esperienze di adolescenti.

Il fatto di Afragola aveva evidentemente scosso la Presidente del Consiglio che aveva subito parlato di «delitto spietato» contro una quattordicenne che «aveva la vita davanti» e di necessaria «svolta culturale e sociale» oltre ai provvedimenti già approvati «per tentare di fermare questo male»! Sulle sue parole un criminale docente della provincia di Napoli ha pensato bene di augurare la stessa fine alla figlia di otto anni della stessa Giorgia Meloni e la connessione tra questi eventi, che, nel caso del post, rileva in una sola dimensione, quella mediatica, spiega l’assenza di coscienza non solo in chi commette uno dei più malvagi gesti criminali della nostra storia recente, bensì anche e soprattutto in chi quei gesti li commenta in rete infilandoci l’odio, l’ignoranza, l’indifferenza più colpevoli, senza nemmeno rendersene conto.

A questi interventi sui social web la giustizia non ha armi per rimediare, controllare e disciplinare. Ad un sistema che vive di impunità e privilegi si aggiunge la totale irresponsabilità di coloro che postano i messaggi di odio e violenza più estremi persino contro una bambina di otto anni. Quasi a “scusare” l’omicidio della ragazza di quattordici, si sostiene che bisogna ripetere il gesto, con un significato di “ribellione politica”, ai danni di una di otto. La verità è che per troppi anni chi ha sbagliato non ha pagato e la giustizia minorile, che è quella più bisognosa di riforme, non ha saputo o voluto tutelare i minori, anzitutto con un processo che sia incentrato sulla tutela del minore vittima, anziché sul minore criminale.


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