Dal fisco allo Ius Scholae, vecchi e nuovi mantra della politica
Ci sono temi che rappresentano dei mantra, una sorta di sempreverdi pronti per essere rilanciati nell’agone politico ad ogni occasione utile: su tutti quello del fisco, praticamente da sempre ricicciato ciclicamente da governi di qualsiasi colore, mentre lo Ius Scholae targato Forza Italia è una new entry di questa legislatura e a tratti assume le sembianze di un’arma di distrazione di massa. A ritirare fuori l’ipotesi di un fisco più leggero per il ceto medio è stata Giorgia Meloni in persona dal palco degli Stati Generali dei Commercialisti. La premier, che ha utilizzato l’espressione “il fisco è il biglietto da visita della credibilità di uno Stato” per rivendicare i risultati fin qui ottenuti e annunciare i prossimi passi sul fronte tasse, ha dato il là a una lunga sequela di interventi sia di esponenti della maggioranza che del governo. Parlando alla medesima platea, il viceministro all’Economia, Maurizio Leo, ha rilanciato l’ipotesi, già annunciata circa sei mesi fa in fase di ultimazione della legge di Bilancio, di ridurre dal 35 al 33% la seconda aliquota Irpef, quella che grava sui redditi da 28 a 60 mila euro. Allora non se ne fece nulla e a proposito di quando sarà possibile procedere in questa direzione, il numero due di Giorgetti ha ripiegato sulla necessità di reperire le risorse necessarie, auspicando che ciò possa con la prossima Manovra, in sostanza non prima di altri sei mesi. Più cauto il titolare del Mef che ha ricordato come il governo abbia all’orizzonte “ancora due anni e mezzo”. Sul versante dell’opposizione, dal Movimento 5 e Stelle a Matteo Renzi che, udite udite, sembrerebbero aver trovato almeno una cosa sulla quale andare d’accordo, le reazioni critiche alla riconfermata intenzione del governo di alleggerire la pressione fiscale sul ceto medio non si fanno ovviamente attendere. Questo rende doveroso ricordare come in campagna elettorale pressoché ogni partito annuncia misure per abbassare le tasse e come chiunque si sia trovato a governare abbia presto o tardi rivendicato di esserci riuscito.
Toni polemici emergono, però, anche tra alleati di governo
Tornando alla maggioranza, Matteo Salvini coglie la palla al balzo per riproporre la rottamazione delle cartelle esattoriali, ma l’altro vicepremier, Antonio Tajani, frena. Interpellato in Transatlantico alla Camera, il segretario di Forza Italia chiarisce: “Prima si fa il taglio dell’Irpef, poi la rottamazione”. Poi, quasi a voler provocare la Lega, come se lo scontro tra gli alleati sorto recentemente attorno al generale Vannacci e al terzo mandato fossero tutt’altro che archiviate, dopo il chiarimento piccato sul fisco tira fuori un altro must degli azzurri 2.0, lo Ius Scholae. “Sulla questione dei diritti noi non ci fermiamo”, avvisa. Poi entra nello specifico della proposta del suo partito e aggiunge: “Salvini non è d’accordo? Noi sì. Non è che devo chiedere il permesso a qualcuno se voglio presentare una legge in Parlamento. Io non do ordini, ma nemmeno ne prendo da nessuno”, fa mettere a verbale sui taccuini dei giornalisti. Dal Carroccio si prende atto, ma è Carlo Calenda che coglie al volo l’occasione per indirizzare una strigliata a qualche altro partito di opposizione. “Bene Tajani sullo Ius Scholae. Se lo porterà in aula – avvisa – noi lo voteremo e così dovrebbe fare la sinistra, se fosse veramente interessata alla questione della cittadinanza”.
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