Che sorpresa: anche la governatrice della Bce Christine Lagarde ammette che, coi dazi di Trump, per l’Europa il rischio della catastrofe economica è dietro l’angolo. Certo, Lagarde non può dirla così nuda e cruda. È pur sempre alla guida della banca centrale europea e ha abbastanza cultura istituzionale, dalla politica viene e alla politica tornerà quando tutto sarà finito, per suonare le campane a morto. Intervenuta al consiglio internazionale delle imprese del World Economic Forum, Lagarde ha tentato un’analisi della vicenda dazi. Su cui, le va riconosciuto, aveva capito tutto prima degli altri invitando Bruxelles fin da subito a comprare armi e gas dagli americani: “L’economia dell’area euro ha dimostrato resilienza all’inizio di quest’anno di fronte a un contesto globale difficile. Ciò è dovuto principalmente a due fattori. In primo luogo, l’economia europea orientata all’export ha beneficiato del frontloading globale, crescendo più del previsto nel primo trimestre dell’anno”.
Lagarde e il pasticcio dei dazi
“I settori con una maggiore esposizione alle esportazioni verso gli Stati Uniti, come quello farmaceutico, che rappresenta oltre un quinto delle esportazioni dell’area dell’euro verso gli Stati Uniti, hanno registrato una forte crescita della produzione in questo periodo. Naturalmente, con l’attuale aumento delle tariffe, questo effetto si sta invertendo e il previsto rallentamento della crescita dell’area euro era già evidente nel secondo trimestre di quest’anno”, ha spiegato Lagarde parlando appunto degli effetti dei dazi. E, difatti, i dati del primo semestre per la bilancia commerciale dell’Ue non sono poi così entusiasmanti: “Il secondo fattore a sostegno dell’economia è stato il rafforzamento dei consumi privati e degli investimenti, che hanno contribuito positivamente alla crescita – ha proseguito Lagarde -. Inoltre, il mercato del lavoro rimane solido. Il tasso di disoccupazione, pari al 6,2% a giugno, è rimasto pressoché invariato nell’ultimo anno, mentre la forza lavoro ha continuato a crescere”.
Critiche e problemi
Detto ciò, Lagarde può spingersi oltre: “Guardando al futuro, secondo le proiezioni di giugno dell’Eurosistema, si prevede un rallentamento della crescita nel terzo trimestre, con l’allentamento del frontloading. Il recente accordo commerciale tra Unione Europea e Stati Uniti impone dazi più elevati sui beni dell’area dell’euro rispetto al regime tariffario statunitense in vigore prima di aprile”. Lagarde snocciola numeri: “L’accordo commerciale stabilisce una tariffa media effettiva stimata tra il 12% e il 16% per le importazioni statunitensi di beni dell’area euro. Questa tariffa media effettiva è leggermente superiore, ma comunque vicina, alle ipotesi utilizzate nelle nostre proiezioni di base dello scorso giugno”. A questo punto si pone la domanda dalle cento pistole: che fare?
Aprirsi agli altri partner, a trovarli
La governatrice della Bce non ha chissà che fantasia e ribadisce: “Sebbene gli Stati Uniti siano e rimangano un importante partner commerciale, anche l’Europa dovrebbe puntare ad approfondire i propri legami commerciali con altre giurisdizioni, sfruttando i punti di forza della sua economia orientata all’export”. E ancora: “L’Europa ha una solida esperienza su cui costruire. Essendo il principale partner commerciale di 72 paesi, l’Ue vanta già la più ampia rete di accordi commerciali al mondo”. Peccato, però, che oltre agli Stati Uniti sia in corso anche una ferocissima battaglia con Pechino, che ha mortificato le prospettive dell’automotive, in particolare di quello tedesco. Lagarde, in fondo, anche sui dazi e sugli accordi commerciali non fa che confermare il grande difetto dell’Europa ossia scambiare le carte, la burocrazia con la realtà. Un po’ come accaduto durante la corsa all’intelligenza artificiale: mentre tutti cercavano start-up e aziende da far crescere, Bruxelles s’è concentrata a produrre l’Ai Act, la prima regolamentazione al mondo in materia. Che, peraltro, è ferocemente avversata proprio dalle aziende, specialmente dalle startup, che tentano di far qualcosa in questo settore.
Inflazione al 2%, a settembre che si fa?
Nel frattempo, seppur dispiaciuta dai dazi Lagarde ha di che gioire dal momento che Eurostat riporta come l’inflazione, in Europa, si sia attestata al 2%. In pratica, è stato raggiunto l’obiettivo fissato subito dopo l’inizio della guerra in Ucraina, con la conseguente impennata di prezzi e carovita. Nell’area euro, dunque, a luglio l’inflazione non ha superato il 2%. Resta un po’ più alta se si considera l’intera Unione europea dove arriva a toccare il 2,4% in leggero aumento rispetto a giugno (2,3%) ma in netto calo rispetto a un anno fa (quando toccata il 2,8%). E la domanda, quindi, si impone: cosa farà la Bce a settembre? Avrà il coraggio di dare fiato all’economia tagliando, ancora una volta, i tassi dopo lo stop di luglio?