Economia

L’Europa si sta perdendo automotive e agricoltura

di Giovanni Vasso -

epa12077485 A development engineer works on a hydrogen engine at a test bench during a press visit at the Bosch Power Solutions in Stuttgart-Feuerbach, Germany, 06 May 2025. The German engineering and technology company Bosch, one of world's largest automotive suppliers, will hold its annual press conference on 08 May 2025. EPA/ANNA SZILAGYI


È giunto il momento che l’Europa, o meglio l’Unione europea, si dia una svegliata o se continua così rischia di perdere, per sempre, agricoltura e automotive. Le decisioni (o le non decisioni) di Bruxelles sono riuscite in quella che sembra una vera e propria imprese: mettere tutti, ma proprio tutti, in condizione di chiedere alla classe dirigente comunitaria di fare di più e meglio per non distruggere (ciò che resta) dell’economia del Vecchio Continente. Agricoltura e automotive, tanto per iniziare. A cominciare dal dialogo a tre instauratosi in Francia, con Le Figaro, tra il presidente di Stellantis John Elkann, il Ceo di Renault Luca De Meo e Bruxelles, per ora silente. “Quest’anno, per la prima volta, la Cina produrrà più dell’Europa e degli Stati Uniti messi insieme. Il 2025 è un momento cruciale”, ha sussurrato l’Ingegnere. Che ha aggiunto: “L’Europa deve scegliere se vuole ancora essere una terra di industria automobilistica o un semplice mercato. Tra cinque anni, a questo ritmo di declino, sarà troppo tardi. Il destino dell’industria automobilistica europea si gioca quest’anno: il mercato automobilistico europeo è in calo ormai da cinque anni, è l’unico dei grandi mercati mondiali che non ha ritrovato il suo livello pre-covid e al ritmo attuale, ciò significa che il mercato potrebbe più che dimezzarsi nell’arco di un decennio”. Luca De Meo, se possibile, è stato ancora più tranchant: “Il settore rappresenta 400 miliardi di entrate fiscali in Europa ma il livello attuale del mercato è un disastro. Ci sono troppe regole per le auto più grandi e costose e così non possiamo fare auto piccole in condizioni di redditività accettabile: tutti i Paesi del mondo difendono la loro industria automobilistica tranne l’Europa”. E in vista del 2035, il Ceo Renault non ammette confronto: “Il mercato non compra ciò che l’Ue vuole che vendiamo, così com’è la direttiva induce il mercato a dimezzarsi”. Insieme, Elkann e De Meo mandano un avviso a Ursula e compagnia. Un portavoce Stellantis, già l’altra sera, ha fatto sapere che il dialogo con Le Figaro rappresenta un’iniziativa tesa ad “allertare e avviare una profonda revisione della strategia industriale verso la decarbonizzazione” perché “se questo cambio di approccio non avverrà rapidamente, l’Europa perderà definitivamente il suo status di produttore manifatturiero e diventerà un mero mercato per altri, a differenza di tutte le altre nazioni leader”. Se le auto piangono, l’agricoltura continua a non avere granché da ridere. In occasione di MacFrut a Rimini sono emersi i nuovi limiti delle puntuali e fin troppo dettagliate norme green che caratterizzano l’approccio Ue al settore primario: “La Commissione europea ha ridotto progressivamente negli ultimi anni il numero dei principi attivi autorizzati: un percorso orientato ad innalzare livelli qualitativi e di sicurezza alimentare che non si può non condividere. A condizione però che ciò non provochi come conseguenza la perdita di buona parte della produzione nazionale, a tutto vantaggio di competitor che non rispettano gli stessi standard qualitativi”, ha denunciato Raffaele Drei, presidente di Federagripesca. Che ha aggiunto: “Nonostante la sua forte vocazione produttiva il nostro Paese ha progressivamente perso la leadership in alcune colture strategiche. Basti pensare che dal 2014 ad oggi sono andate perdute oltre il 45% delle superfici coltivate a pere in Emilia-Romagna e gli ettari di pesche e nettarine si sono dimezzati nell’ultimo decennio”. E ancora: “Come Confcooperative abbiamo richiesto in questi mesi una moratoria quinquennale sui principi attivi oggi in uso. Ma se con il Ministero dell’Agricoltura stiamo registrando una totale condivisione sulla questione, sentiamo ora l’urgenza di appellarci ad un più ampio coinvolgimento di altre istituzioni, a partire da quelle che hanno la competenza in materia, sia a livello nazionale che comunitario”. La questione fitofarmaci è una di quelle apertissime e su cui maggiormente si dibatte anche per “colpa” dell’accordo col Mercosur: “L’aspetto più evidente dei guasti causati dalla mancanza del principio di reciprocità è quello legato all`uso dei prodotti fitosanitari”, ha spiegato in una nota Coldiretti: “Una situazione di concorrenza sleale aggravata dagli effetti dei cambiamenti climatici, anche per i ritardi della predisposizione di un piano invasi che garantirebbe l`acqua, indispensabile per il settore. Una soluzione potrebbe venire dalle nuove tecnologie non Ogm per il miglioramento genetico, le Tea, sulle quali si continuano però a registrare incomprensibili ostacoli, spesso legati alla non conoscenza e a posizioni puramente ideologiche”.


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