Esteri

Bagno di sangue dell’esercito israeliano a Jenin

di Ernesto Ferrante -


Un’operazione dell’esercito israeliano nella città di Jenin, in Cisgiordania, ha provocato la morte di almeno otto palestinesi. Dopo una serie di raid aerei condotti nella notte, sono entrate in azione anche le forze di terra di Tel Aviv. Il ministero della Sanità dell’Autorità nazionale palestinese (Anp) ha riferito di decine di feriti.
L’Idf (Forze della difesa di Israele) ha dichiarato che sta conducendo un “ampio sforzo antiterrorismo in tutta la città e nel campo profughi di Jenin”. Per l’Idf e lo Shin Bet, uno dei siti presi di mira era un quartier generale utilizzato dalle fazioni armate della Palestina.
L’operazione israeliana è un “massacro” a cui i palestinesi “risponderanno”, ha tuonato il leader della Jihad Islamica, Ziad Nakhleh, citato dal Times of Israele. “Quello che sta accadendo a Jenin è un massacro del popolo palestinese da parte del nemico – ha dichiarato riferendosi al blitz in Cisgiordania – La resistenza palestinese e le brigate al-Quds risponderanno per fermare questo massacro”.
Il ministero degli Esteri dell’Autorità nazionale palestinese (Anp) ha chiesto “un’azione urgente internazionale e statunitense” per fermare “immediatamente la barbara aggressione” dell’esercito israeliano.
In una nota, il ministero ha esortato la Corte penale internazionale (Cpi) a “rompere il silenzio e a ritenere responsabili i criminali di guerra israeliani”. E’ l’attacco più massiccio nell’area dal 2002.
In un comunicato di Medici Senza Frontiere (Msf), viene precisato che il raid, avvenuto via terra e per via aerea, “ha causato danni anche alle strutture sanitarie”.
“Diverse bombole di gas lacrimogeno, si legge, sono cadute nel cortile dell’ospedale Khalil Suleiman, dove dalle 2 del mattino i team di Msf stanno curando i pazienti con ferite da arma da fuoco. I bulldozer militari hanno distrutto le strade che portano al campo profughi di Jenin, impedendo alle ambulanze di raggiungere i pazienti che necessitano di cure”.
“I raid a Jenin stanno diventando sempre più frequenti e sempre più intensi. Abbiamo visto diversi pazienti con ferite da arma da fuoco alla testa e abbiamo ricevuto 37 pazienti feriti – ha denunciato Jovana Arsenijevic, coordinatrice del progetto di Msf a Jenin – Le dichiarazioni delle forze israeliane secondo cui vengono prese di mira solo le infrastrutture militari sono in netto contrasto con quello che vediamo: l’ospedale dove stiamo curando i pazienti è stato colpito da gas lacrimogeni”.
Il presidente dell’Autorità nazionale palestinese (Anp), Mahmoud Abbas, presiederà stasera una riunione d’urgenza della leadership palestinese per discutere di quanto accaduto. Lo ha riferito l’agenzia di stampa palestinese Wafa.
Per domani è previsto un colloquio fra l’Anp e la Russia. A renderlo noto è stato l’ambasciatore palestinese a Mosca, Abdel Hafiz Nofal, senza precisare altro. L’inviato non ha escluso neanche un incontro con il Rappresentante del Cremlino per il Medio Oriente, Mikhail Bogdanov.
Hamas, ha lanciato un appello ai “giovani” della Cisgiordania affinché impugnino le “armi”. “Ai nostri eroi in Cisgiordania, da sud a nord: questo è il vostro giorno, ragazzi. Combattete con tutte le armi, tutta la vostra rabbia e con ogni mezzo possibile per difendere il nostro onore a Jenin”, ha detto Saleh al-Arouri, vice capo dell’ufficio politico di Hamas.
“Siamo pronti a sacrificare le nostre vite e le minacce del nemico non ci spaventano. Colpiremo il nemico nel momento e nel posto che sceglieremo, e con qualsiasi mezzo: pietre, proiettili o razzi, come il Qassam che è stato lanciato pochi giorni fa da Jenin”, ha aggiunto al-Arouri, secondo cui “ci sono centinaia di migliaia di coloni che vivono illegalmente in Cisgiordania, secondo il diritto internazionale. Abbiamo centinaia di migliaia di giovani pronti a diventare martiri e difendere i luoghi santi”.
L’escalation in Cisgiordania “è molto pericolosa e segue mesi di tensioni crescenti”, ha affermato il coordinatore speciale delle Nazioni Unite per il processo di pace in Medio Oriente, Tor Wennesland.
“Tutti devono garantire che la popolazione civile sia protetta”, ha proseguito l’inviato Onu, precisando di essere stato “sin dall’inizio in contatto diretto con tutte le parti interessate per una de-escalation urgente e per garantire l’accesso umanitario e la consegna delle necessarie forniture mediche e di altro tipo a Jenin”.

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