PRIMA PAGINA-Il partito di Renzi perde ancora pezzi. Intervista a Luigi Marattin
Il partito di Renzi continua a perdere inesorabilmente pezzi. Dopo Elena Bonetti ed Ettore Rosato, ieri anche Luigi Marattin, storico compagno di strada del leader di Italia viva fin dai tempi in cui entrambi militavano nel Pd, ha lasciato il partito e ha aderito al gruppo Misto della Camera. La goccia che ha fatto traboccare il vaso è stata l’ostinazione di Matteo Renzi a entrare nel campo largo, oltretutto senza consentire un confronto interno al partito, nel suo pieno stile leaderistico. Con Marattin, che abbiamo intervistato, anche diversi dirigenti hanno salutato il partito di Renzi dopo che il tentativo di imporre nel panorama politico italiano un ‘terzo polo’ centrista che incarnasse la visione di Mario Draghi si è arenato e l’asse renziano si è spostato a sinistra, puntando a un abbraccio da molti considerato mortale con il Pd e, soprattutto, con gli avversari di sempre, i grillini.
Onorevole, la sua decisione era nell’aria da un po’. Come mai ha lasciato Iv solamente oggi?
“Da due mesi chiedevamo che venisse indetto un congresso per discutere serenamente della decisione di entrare nel Campo Largo. A questo fine, era necessario che il presidente si dimettesse per potersi poi ricandidare sulla base di una nuova linea politica. Ma per due mesi c’è stato detto di no, dicendo che un leader ha il dovere di indicare una direzione e che il congresso c’era già stato l’anno scorso. Il tutto con epiteti nei confronti miei – e delle centinaia di dirigenti che dissentivano – che preferisco non ripetere. Allora ne abbiamo preso atto. Abbiamo ringraziato per i tanti bei momenti passati insieme e abbiamo tolto il disturbo”.
La sua scelta è dettata anche dal fatto che le giravolte di Matteo Renzi hanno messo a rischio la credibilità del partito e, quindi, di tutti voi?
“Semplicemente non crediamo che entrare in una coalizione che la pensa in modo opposto da noi su tutto (da giustizia a fisco, da politica estera a energia, da ambiente a scuola) sia la soluzione per i problemi del paese e per riavvicinare la gente alla politica”.
Dal partito hanno tenuto a precisare che con il suo addio e quello di altri dirigenti si è perso poco in termini numerici. Non è un atteggiamento controproducente considerando che l’obiettivo di qualsiasi formazione politica è quella di crescere e non certo il contrario?
“Non mi interessa far polemica, né commentare le dichiarazioni altrui. I dirigenti e gli iscritti che hanno abbandonato o stanno abbandonando il partito si misurano in centinaia. Altre migliaia non hanno rinnovato la tessera. Ma auguro il meglio ai miei ex-compagni di strada, con alcuni di loro mi legano ricordi indelebili”.
Qual è il primo messaggio che sente di lanciare dopo aver lasciato il partito e il gruppo parlamentare di Italia viva?
“Rivolgo un appello a chiunque abbia voglia di venirci a dare una mano. A chi non si vuole arrendere alla politica come mix tra reality show e sfida tra curve ultras. Stavolta non partiamo dal leader, ma dalla visione di società dal racconto dell’Italia che lavora, dall’organizzazione e dai territori”.
Draghi, un vostro punto di riferimento, ha lanciato l’allarme sulla sopravvivenza dell’Ue, proprio a ridosso della sessione di Bilancio. I segnali di crisi sono così evidenti?
“Il motivo principale della nostra iniziativa è che ad oggi non c’è un partito in Italia che possa permettersi di prendere il rapporto presentato da Draghi e dire “questo è il mio programma politico, su questo voglio chiedere il consenso degli italiani”. Noi vogliamo contribuire a fondare, insieme a tanti altri compagni di strada, quel partito”.
Fitto è veramente una chance per l’Europa e per l’Italia alla luce dell’attuale congiuntura, avendo seguito il dossier Pnrr?
“È una persona stimabile, ma il ruolo di commissario europeo è complesso per chiunque. Gli auguro comunque buon lavoro”.
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