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Messina Denaro gestiva gli affari a Tre Fontane (in codice Galletto) ecco il quartier generale del boss

di Rita Cavallaro -


Il capo dei capi e l’uomo qualunque. In Matteo Messina Denaro convivevano due personalità: quella del padrino spietato, che in trent’anni di latitanza non ha mai smesso di comandare Cosa nostra, e quella del geometra rispettabile, che viveva a Campobello di Mazara ma, come un lavoratore qualsiasi, aveva l’ufficio altrove. Un pendolare, che quando doveva dettare legge ai suoi fedelissimi, saliva sulla Giulietta e raggiungeva la sua base operativa segreta, non ancora trovata. Ma quel covo degli affari dell’ultimo capo dei Corleonesi, secondo gli inquirenti, si nasconde in località Tre Fontane, una frazione che si affaccia sul mare a otto chilometri dal paesino dove il boss aveva comprato casa. Il sospetto che “l’ufficio” di Messina Denaro si trovi in quel luogo poco frequentato, costituito da molti appartamenti disabitati se non nel periodo estivo, trova supporto negli atti delle indagini che, in questi anni, i carabinieri del Ros hanno svolto con la massima accuratezza, con l’obiettivo di stringere il cerchio e arrivare alla cattura del criminale più ricercato d’Italia. Tre Fontane, infatti, è un punto d’incontro inconsueto, anzi del tutto straordinario, destinato solo agli appuntamenti con il braccio destro del boss, l’uomo d’onore Francesco Luppino, e soprattutto da tenere segreto anche durante le conversazioni. Tanto che i pochi emissari a conoscenza di quel luogo utilizzavano un nome in codice. “Se cerchi un polletto vallespluga mattiniero io sono qua.., ah, va bene, okay, come vuoi tu, io, ciao, ciao”, dice il 29 febbraio 2020 Piero Di Natale, diretto emissario di Luppino davanti al più stretto circuito mafioso, in una telefonata con Saverio Pisciotta, considerato l’autista del braccio destro di Denaro. La telefonata è contenuta nelle informative dell’operazione Hesperia, l’indagine del Ros che, dopo due anni e mezzo di intercettazioni e pedinamenti, il 6 settembre scorso ha arrestato i 35 fedelissimi di Denaro, aprendo così la strada al blitz che, il 16 gennaio, ha portato alla cattura del superlatitante. Gli inquirenti hanno accertato che il polletto vallespluga “era un linguaggio convenzionale per indicare la località Tre Fontane”, si legge nell’ordinanza di circa 2mila pagine. Nelle quali sono documentati i rarissimi incontri in quella frazione, che avvenivano solo tra i prescelti ai vertici degli altri mandamenti di peso e l’uomo di Denaro. Luppino, pur muovendosi senza problemi per gli incontri al bar San Vito di Campobello, quando doveva ricevere qualche affiliato a Tre Fontane era sempre guardingo, al punto da annullare gli appuntamenti se fiutava movimenti sospetti. I carabinieri, infatti, documentano il caso della riunione con il podologo di Mazara Giuseppe Gaspare De Vita, condannato in via definitiva per aver fatto parte dell’associazione mafiosa, il quale attendeva con Di Natale, in una strada senza uscita di Tre Fontane, l’arrivo di Luppino, rinviato per telefono dall’autista, che per ordine del capo aveva invertito la rotta a pochi minuti dall’arrivo. “Cambio di programma?”, chiede De Vita. “Vattene … c’era un poco di losco e non è voluto scendere”, risponde Di Natale. L’attenzione sulla frazione che potrebbe nascondere l’ufficio segreto di Matteo Messina Denaro si fonda anche su una conversazione intercettata il 30 aprile 2020 tra Luppino e Vincenzo Spezia, figlio del boss defunto Nunzio, proprio il mafioso che con il braccio destro del latitante, in pochi mesi, ha avuto ben undici incontri segreti e che, il 20 ottobre 2019, pretendeva ordini diretti dal capo dei capi prima di mettere in atto un’azione estorsiva, tanto da chiedere a Luppino di mandare un pizzino al super latitante, chiamato Ignazieddu. “Prendi e ci vuoi scrivere pure o solo tu… siamo arrivati… chi è che deve stringere… pi… andare a parlare con quello che manca”, diceva Spezia nell’intercettazione ambientale registrata dal Ros. Il 30 aprile, invece, Luppino aveva fatto una richiesta molto particolare al fedelissimo: reperire al più presto un’abitazione a Tre Fontane. È quello, probabilmente, il momento cruciale della riorganizzazione della vita dell’ultimo padrino sul territorio, che coincide incredibilmente con la scoperta del tumore, la malattia invasiva che non gli avrebbe più permesso di fare il latitante in fuga. Matteo Messina Denaro doveva curarsi e allora aveva individuato in Andrea Bonafede la sua nuova identità, quella del rispettabile geometra che prende casa a Campobello e che, grazie ai documenti del suo alias, si sottopone al primo intervento chirurgico per la rimozione del cancro il 13 ottobre 2020. Dall’altra parte la volontà di non indietreggiare di un millimetro nella scala di comando di Cosa nostra e, di conseguenza, la necessità di scindere il ruolo del capo dal malato oncologico. Ed allora ecco il piano: prendere l’ufficio in un luogo scarsamente frequentato, a pochi chilometri dall’esistenza normale di quel Bonafede che fa la spesa nei supermercati di Campobello di Mazara, con gli abitanti che lo salutano e che, pur riconoscendolo nella maggior parte dei casi, fanno finta che non sanno chi sia, se non un rispettabile concittadino 60enne. Un capo sotto copertura che, quando deve impartire gli ordini, dà la libera uscita al suo autista Giovanni Luppino e sale sull’Alfa Romeo intestata alla mamma del suo prestanome, per raggiungere in gran segreto la base operativa a pochi chilometri dalla commedia che ha inscenato. Senza contare che la scelta della frazione di Tre Fontane, comunque, non sarebbe casuale, visto che è proprio lì che abita Giuseppa Cicio, la mamma 85enne del vero Bonafede, figlio del fratello del reggente Leonardo, della famiglia mafiosa di Campobello, il boss che, negli anni Settanta, era l’alleato più fedele di Francesco Messina Denaro, capo della cosca di Castelvetrano e padre di Matteo. Insomma, è tra quelle case della località marina che si nasconderebbero i segreti di Cosa nostra. Ed è lì, in quel luogo privo di telecamere e protetto dai fedelissimi del boss dei boss, che si concentrano gli approfondimenti, per individuare il bunker segreto da dove il padrino pendolare dava i suoi ordini e nel quale potrebbe aver nascosto i documenti segreti della mafia.

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