Esteri

Myanmar “Più di 1.500 morti dall’inizio della repressione”

di Giovanni Vasso -


L’associazione per l’assistenza ai prigionieri politici ha snocciolato i dati sulla repressione della giunta militare del Myanmar a distanza di un anno dalla presa del potere. I morti, secondo l’Aapp, sarebbero poco più di 1.500 mentre circa 12mila persone sarebbero state arrestate. Di queste la stragrande maggioranza attende ancora di conoscere quale sarà il suo destino.
Secondo l’Ong, le ultime vittime (tra cui ci sarebbero due minori), che sarebbero state anche torturate, sono state trovate dopo una serie di raid dei militari. L’Aapp ha avvertito “il numero reale dei morti è probabilmente molto più alto”.
Sono almeno 11.838 arrestate in un anno, di cui 8.835 sono ancora detenute e 661 sono state condannate al carcere da un tribunale, tra cui la ex leader del Paese asiatico, Aung San Suu Kyi. Inoltre, ha fatto sapere l’associazione, i tribunali avrebbero condannato a morte anche 45 persone, tra cui due minorenni, anche se nessuna è stata ancora giustiziata.
L’esercito ha giustificato il colpo di stato con una presunta massiccia frode durante le elezioni generali del novembre 2020, il cui risultato è stato annullato.
La giunta militare ha accusato l’ex presidente San Suu Kyi anche per frode elettorale, sostenendo che “abbia influenzato funzionari durante il voto nel 2020 che aveva visto il suo partito sconfiggere i rivali filo-militari”. La leader birmana è agli arresti dal giorno del golpe. Nei suoi confronti sono state sollevate una serie di accuse che, se confermate, potrebbero tradursi in oltre cento anni di prigione”.


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