Ambiente

Pepe (FareAmbiente): “Il green e gli speculatori che diventeranno i nuovi padroni. Sarà l’Italia degli inquilini”

di Edoardo Sirignano -

VINCENZO PEPE FARE AMBIENTE


Pepe (FareAmbiente): “Il green e gli speculatori che diventeranno i nuovi padroni. Sarà l’Italia degli inquilini”

di EDOARDO SIRIGNANO

“Benissimo la transizione, ma non deve trasformarci da padroni in inquilini dei grandi fondi internazionali, a cui probabilmente, se non cambiano le direttive, dovremo pagare l’affitto”. A dirlo Vincenzo Pepe, presidente nazionale del movimento FareAmbiente.

Perché ritiene che un cambiamento così rapido possa essere pericoloso per la nostra economia?

Su dodici milioni di edifici, nove non risultano idonei secondo l’ultima direttiva europea, sono cioè inferiori alla classe energetica richiesta. Bella l’idea di fare degli adeguamenti entro il 2030, ma la transizione si chiama così perché appunto prevede degli step, così come degli investimenti, che purtroppo in questo momento non si possono effettuare.

Lei, quindi, è contrario alla green economy?

Assolutamente no! La nostra battaglia per salvare il pianeta è sacrosanta. Altrimenti non ero il presidente di un’associazione nazionale che si occupa di tali temi. Siamo i primi a dire che bisogna fare qualcosa per migliorare la qualità della vita. Detto ciò, l’ambiente non deve essere marcato ideologicamente, né deve avere un colore. La rivoluzione immediata è pericolosa. Non è ragionevole.

Quale la strada da intraprendere?

Serve innanzitutto una svolta a livello culturale e poi capire quali sono i tempi reali per cambiare una società, che certamente deve ridurre l’utilizzo dei fossili, ma non lo può fare dalla sera alla mattina. Non deve, dunque, cambiare l’obiettivo, ma occorre un percorso diverso. Le idee dell’Ue, come il paesaggio bello, la decrescita felice, devono adattarsi alla realtà attuale. Dovrebbe essere l’Europa stessa a indicare i fondi adeguati. Ogni proposta dovrebbe essere adeguata in termini di pragmatismo.

In Italia, cosa potrebbe succedere se si seguisse per filo e per segno quanto indicato dalle direttive attuali Ue senza cambiare nulla?

Ritengo innanzitutto che i nostri concittadini non possano indebitarsi per una casa green. L’ambientalismo radicale in Italia e in Europa produce danni, come d’altronde fa ogni tipo di fondamentalismo.

Perché?

Il valore dei nostri immobili, che sicuramente non riusciranno a essere adeguati come quelli degli altri, decrescerà e quindi saremo costretti a venderli alle multinazionali. Rischiamo di non essere più padroni, ma inquilini dei vari fondi. Non dobbiamo meravigliarci, d’altronde, che determinate strategie vengano decise laddove esiste una cultura diversa dalla nostra. In Italia, come insegnano i Malavoglia, la “casa è famiglia”. La maggior parte delle famiglie liquide, invece, ha meno sensibilità a riguardo e forse ciò incide anche su determinate decisioni. Sbagliato non badare a quanto succede nel sociale.

Cosa deve fare la nostra classe dirigente?

L’Italia, con i propri rappresentanti, deve dire va bene il principio, ma va adeguato secondo le condizioni sociali ed economiche di ogni singolo Stato. A queste latitudini, il processo della transizione certamente non può avvenire in tre o quattro anni. Così si favorisce solo chi ha i soldi, quegli speculatori che riusciranno ad anticipare e avranno la possibilità di comprarsi le nostre abitazioni. Lo sviluppo sostenibile è un valore, un principio se coniugato in termini razionali. Quale il rischio minore per migliorare la qualità della vita? Questa è la domanda che dovrebbe porsi ogni politico. Il rischio zero non esiste. La ripresa è necessaria e l’ambiente è, senza ombra di dubbio, il primo valore, ma va coniugato in termini di pragmatismo. Le ultime direttive continentali, purtroppo, non sempre vanno in tale direzione.

Magari qualche nostro vicino continentale potrà fare affari tra le nostre bellezze…

Qualcun altro probabilmente si potrà comprare più facilmente le nostre case. Se in Italia fare un mutuo è un’impresa, altrove funziona in modo diverso.


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