Lavoro

POVERO LAVORO

di Cristiana Flaminio -


Cresce il numero di chi s’impiega per non riuscire a guadagnare più di 10mila euro l’anno. I dati da un’indagine di Eures insieme alla Uil regionale del Lazio. I dati sono allarmanti. La piaga del precariato, accompagnata dal problema delle scarse retribuzioni, affligge per di più i giovani che non riescono a trovare un lavoro che consenta loro di guadagnare somme tali da vivere decorosamente. Secondo quanto è emerso dalla rilevazione statistica, i più giovani non guadagnano che un terzo della media regionale dei salari del Lazio. Nello specifico, mediamente, un ragazzo al di sotto dei 25 anni, viene pagato, in un anno, 6.845 euro. Si tratta di un dato che si scontra, in maniera pesante, con quello delle retribuzioni medie regionali stimate in 21.942 euro. Non va meglio per la fascia d’età tra i 25 e i 34 anni. Solo il 19% di loro ha lavorato per meno di tre mesi è pari addirittura al 19% e solo un lavoratore su tre ha incassato dodici mensilità. Anche per loro i guadagni sono magrissimi: 15.627 euro, poco più della metà del dato statistico regionale.
Secondo i dati di Eures-Uil Lazio, i dirigenti e le figure apicali delle aziende non hanno minimamente risentito di questo problema né della contrazione dei salari. Anzi. Un manager guadagna non meno di 142mila euro mentre la retribuzione media dei “quadri” non è inferiore ai 64mila euro l’anno. Gli impiegati, invece, non guadagnano più di 24mila euro, un operaio non supera i 14mila euro e un apprendista, se tutto va bene, può sperare di guadagnarne 12mila. In tutto questo, mentre le retribuzioni stagnano e il lavoro si fa sempre più povero, aumenta il costo delle bollette, il carovita morde sulla carne viva delle persone e sopravvivere a questa crisi diventa sempre più una scommessa. Il segretario generale regionale della Uil per il Lazio, Alberto Civica, ha commentato: “Questi dati stanno a indicare che c’è un sistema che approfitta degli spazi che alcune normative concedono quasi una speculazione sul lavoro di cui la politica dovrà assolutamente tenerne conto e le imminenti elezioni regionali potrebbero rappresentare un momento di riflessione in tal senso”. Quindi rilancia su uno dei temi caldissimi dell’agenda politica ed economica del Paese: “Inoltre, eliminare il reddito di cittadinanza tout court potrebbe contribuire all’incremento del lavoro povero di cui certo non abbiamo bisogno”.
Nei giorni scorsi era stata Oxfam a denunciare i problemi sul fronte dell’occupazione e del lavoro in generale. “Nuovi accordi tra le parti sociali sono particolarmente necessari per i circa 6,3 milioni di dipendenti del settore privato (oltre la metà del totale dei dipendenti privati) in attesa del rinnovo dei contratti nazionali alla fine del mese di settembre 2022. Lavoratori che rischiano, con le regole di indicizzazione attuali, di vedere un adeguamento dei salari, calati in termini reali del 6,6% nei primi nove mesi del 2022, insufficiente a contrastare l’aumento dell’inflazione”. Ma non basta: “Se il miglioramento del mercato del lavoro italiano nel 2022 dovrà essere valutato alla luce dei rischi di una nuova recessione, restano irrisolti i nodi strutturali della crisi del lavoro nel nostro Paese: la ridotta partecipazione al mercato del lavoro della componente giovanile e femminile, marcate e crescenti disuguaglianze retributive, il crescente ricorso a forme di lavoro non standard e conseguente diffusione del lavoro povero”.


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