Esteri

“Colpita la raffineria, anzi no”: Israele ora attacca Tabriz

Controreplica di Israele dopo gli attacchi di questa notte, perché Tabriz è nel mirino

di Giovanni Vasso -


“L’Iran brucerà”, Israele mette nel mirino Tabriz e alza il tiro attaccando le infrastrutture petrolifere dell’area nordoccidentale del Paese, su tutte la locale raffineria. Nel frattempo l’Idf israeliana ammette: “Gaza è un obiettivo secondario”. La guerra, quella vera, adesso è contro Teheran. Che, dopo il contrattacco a Israele, ha subito raid pesanti ma le autorità locali minimizzano i danni e rassicurano: “La raffineria di Tabriz non è stata danneggiata dai missili”.

Missili su Tabriz

Già ieri, le forze armate israeliane avevano colpito l’aeroporto della città nel Nord-Ovest dell’Iran, distruggendolo. Oggi, dopo la risposta iraniana di questa notte, la controreplica da Tel Aviv non s’è fatta attendere e ha messo nel mirino, ancora una volta, proprio Tabriz. Le prime testimonianze, pubblicate anche in rete, asserivano che fosse stata colpita la raffineria locale. Notizie riportate, tra gli altri, anche dagli iraniani di Mehr. Se l’infrastruttura energetica dovesse essere colpita, per l’Iran (e non solo) sarebbero guai grossi. La raffineria di Tabriz, gestita dalla National Iranian Oil Refining and Distribution Company, ha la capacità di raffinazione pari a 350mila barili di petrolio al giorno e produce, per l’intera area, benzina, gasolio, kerosene, Gpl fornendo (anche) contributi importanti per le industrie petrolchimiche. Va da sé che si tratti di una struttura a dir poco nodale per l’intera area.

La smentita di Fars e il prezzo del petrolio

L’agenzia Fars ha prontamente smentito che l’attacco di Israele abbia danneggiato la raffineria di Tabriz. “Alcuni media avevano riferito che proiettili israeliani avevano colpito la raffineria di Tabriz, ma le verifiche sul campo del nostro corrispondente mostrano che la raffineria non ha riportato danni durante questa aggressione”, ha scritto in un lancio l’agenzia iraniana. Trovando conferma nelle rassicurazioni diffuse, in questi minuti, dall’ufficio pubbliche relazioni della raffineria stessa che ha smentito, ancora una volta, gli attacchi all’infrastruttura affermando che l’impianto lavora a piena capacità. La tensione, anzi la guerra, nell’area dà ragione di credere che il prezzo del petrolio possa impennarsi a breve e che la prossima settimana, dopo l’aumento che ha portato il barile a una quotazione superiore ai 74 dollari, possa rappresentare solo l’inizio dell’ennesima escalation economica e commerciale su scala globale.


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