Economia

TRANSIZIONE ENERGETICA – La corsa dell’Italia verso l’energia green

Ora l'obiettivo del Belpaese è quello di decarbonizzare il sistema elettrico entro il 2035

di Valerio Petrini -


L’Italia si trova in una fase cruciale della transizione energetica, con l’obiettivo di decarbonizzare il sistema elettrico entro il 2035, come delineato nel Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima (PNIEC). Tuttavia, nonostante l’aumento della capacità installata da fonti rinnovabili, la loro natura intermittente e la lentezza nell’autorizzazione di nuovi impianti stanno ostacolando il raggiungimento di questi obiettivi. Nel 2024, l’Italia ha registrato un consumo di energia elettrica pari a 312,3 miliardi di kWh (312,3 TWh); Per il 2035, anno della svolta, è previsto un fabbisogno di circa 400 TWh.

Le fonti rinnovabili (Idroelettrico, solare e eolico) hanno coperto il 41,2% della domanda elettrica nazionale, segnando un record storico grazie soprattutto alla crescita della produzione idroelettrica e fotovoltaica. In ogni caso va sempre considerato che installare impianti di produzione basati su fonti rinnovabili comporta problemi aggiuntivi non indifferenti; la produzione di energia da solare e eolico senza adeguate misure di supporto (sistemi di accumulo adeguati e rete elettrica flessibile), è alquanto rischiosa (Spagna docet).

Al 31 dicembre 2024, sulla base dei dati riportati nel Rapporto Adeguatezza 2024 di Terna, la capacità totale di accumulo è di circa 65 GWh, ottenuta per la maggior parte impiegando impianti di pompaggio. Entro il 2035, sempre secondo Terna, la capacità di accumulo complessiva in Italia dovrà raggiungere il valore di circa 174 GWh. L’incremento di capacità sarà ottenuto prevalentemente mediante accumulatori elettrochimici. Oltre agli accumulatori, Terna ha anche previsto un significativo potenziamento della rete di trasmissione. In questo modo, certamente costoso, la produzione di energia rinnovabile potrà crescere in modo sicuro.

L’approccio complessivo è chiaro e basato sui seguenti punti: decarbonizzare, ridurre la dipendenza dall’estero, ricorrere alle rinnovabili utilizzando spazi ovunque disponibili, stabilizzare il sistema elettrico con potenti impianti di accumulo, migliorare il trasporto dell’energia dai luoghi di produzione ai luoghi di maggiore consumo (Nord Italia). In questo contesto si parla anche di energia nucleare come possibile complemento alle fonti rinnovabili. Gli Small Modular Reactors (SMR) rappresentano una delle soluzioni proposte: reattori di piccola taglia che offrono maggiore flessibilità; sulla carta il primo SMR potrebbe entrare in funzione proprio nel 2035. Tuttavia, la realizzazione degli SMR in Italia presenta diverse incognite; intanto sono ancora in fase di studio e poi la loro localizzazione sarà tutta da vedere; è certa la forte opposizione delle comunità locali.

Inoltre, la potenza ridotta degli SMR implica la necessità di costruirne un numero elevato. Considerato che in Italia non si riesce a realizzare nemmeno un innocuo deposito nazionale per rifiuti radioattivi – le ultime interviste rilasciate dal ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, Pichetto Fratin sono molto eloquenti – il discorso sembrerebbe fatto per dire che ci stiamo occupando del problema, non per realizzare sul serio. Se veramente si volesse “fare” si potrebbe avviare da quasi subito la realizzazione di un numero limitato di impianti nucleari di terza generazione, caratterizzati da maggiore efficienza e sicurezza. Questi impianti potrebbero essere costruiti riutilizzando i siti già esistenti, gestiti dalla Sogin, che attualmente li sta smantellando poco alla volta. Iniziando subito, i primi potrebbero funzionare nel 2035 (in Cina il tempo di realizzazione è di circa 6 anni).

Ombre cinesi sulla transizione green

Ovvio che anche questa opzione richiederebbe un consenso sociale che al momento appare inesistente. Quasi nessun politico ha seriamente voglia di affrontare l’ira delle popolazioni locali; quindi, si parla di nucleare mentre Terna, giustamente, va avanti per la sua strada basata sulle rinnovabili. Di certo un sistema misto, rinnovabili più nucleare, sarebbe la soluzione ideale sia dal punto di vista della stabilità energetica che dei costi complessivi, ma parafrasando un antico detto, viene da dire che l’opzione migliore è quella che c’è quando, come in questo caso, ne esiste una sola.


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