Giustizia

Errori, nuove tecnologie e casi riaperti: dopo Garlasco riflettori sull’omicidio di Piersanti Mattarella

di Priscilla Rucco -


Negli ultimi tempi la cronaca nera si è tinta di giallo: due casi sono stati riaperti a distanza di molti anni, per ipotetici errori giudiziari e per nuovi sviluppi che potrebbero portare stravolgimenti di sentenze definitive emesse e per nuovi sviluppi inaspettati.
Il delitto di Garlasco (Pavia), avvenuto il 13 agosto del 2007, ha visto la violenta uccisione della giovane 26enne Chiara Poggi. Un caso per cui il principale indagato e poi condannato (dalla Corte di Cassazione nel 2015) è stato l’allora fidanzato della vittima Alberto Stasi che, ad oggi, sta scontando in carcere la pena di 16 anni (con fine pena prevista nel 2030).

Caso che da marzo di quest’anno, dopo 18 anni, la Procura di Pavia ha deciso di riaprire con nuove indagini e con una nuova accusa di omicidio in concorso per Andrea Sempio (amico del fratello di Chiara Poggi), per sue possibili tracce di Dna ritrovate sotto le unghie della vittima.

Casi riaperti: indagini e analisi sull’omicidio di Piersanti Mattarella

Oltre a questo caso, anche un altro caso di omicidio è stato riaperto a 45 anni dalla sua chiusura: l’assassinio di Piersanti Mattarella (fratello del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella), avvenuto il 6 gennaio del 1980 in Via della Libertà a Palermo, mentre si trovava nella sua automobile, una Fiat 132, diretto a messa con la famiglia. Mattarella, freddato con numerosi colpi di rivoltella calibro 38, era stato eletto presidente della Regione Sicilia, dopo alcuni giorni dal rapimento di Aldo Moro, il 20 marzo 1978. Figlio di Bernardo Mattarella, rappresentante politico della Democrazia Cristiana, Piersanti già nel 1967 era stato eletto all’Assemblea regionale della Sicilia. Sono anni di rapimenti e di assassini, ma gli eventi non fermano Piersanti che, durante una campagna elettorale comunale, sfida Cosa nostra, con un accorato appello alla legalità. E proprio in nome di questa, nel 1979, vengono chiamati degli ispettori regionali, presso il comune di Palermo, in riferimento ad un appalto dato in gestione per la costruzione di numerose scuole.

Sempre nello stesso anno, Rosario Cardillo, componente della giunta comunale dello stesso Piersanti Mattarella, viene esonerato dalla gestione dei lavori pubblici per una conduzione che al presidente della Regione Sicilia non sembrava essere “pulita”. In tal senso, per dovere morale e per timore per la sua incolumità, Mattarella, alcuni mesi prima del suo omicidio si reca nella Capitale per parlare con Virginio Rognoni (ministro della Democrazia Cristiana), per informarlo di quanto stava succedendo in Sicilia. Dopo l’uccisione di Piersanti Mattarella, i depistaggi hanno tentato di portare le prime fasi delle indagini verso un ipotetico gruppo neo-fascista, con tanto di rivendicazioni e ritrattazioni, che fecero catalogare inizialmente l’omicidio come attentato terroristico, anche se poi, successivamente, venne riconosciuta la matrice di stampo mafioso.

Durante le indagini il magistrato Giovanni Falcone, arrivò a spiegare che: “Si tratta di capire se, e in quale misura, la pista nera sia l’alternativa a quella mafiosa o si compenetri con quella mafiosa e il che, potrebbe significare altre saldature” (estratto dall’audizione riservata avvenuta il 3 novembre 1988 e resa pubblica dalla stesa Commissione antimafia). Passarono molti anni e, precisamente nel 1995, i mandanti dell’omicidio di Piersanti Mattarella furono riconosciuti e condannati all’ergastolo (pene confermate successivamente anche in Cassazione). Erano Giuseppe Calò, Salvatore Riina, Bernardo Provenzano, Nenè Geraci, Bernardo Brusca, Michele Greco e Francesco Madonia. Sono passati 45 anni dall’assassino del Presidente della Regione Sicilia, Piersanti Mattarella e la Procura di Palermo ha dato incarico alla Dia di effettuare ulteriori accertamenti tecnici, possibili grazie alle tecnologie di ultima generazione per estrapolare il Dna, da una impronta ritrovata nello sportello al lato del guidatore, della Fiat 127 utilizzata nella fuga, dai killer.

Con l’apertura della nuova inchiesta, attraverso questo materiale genetico repertato e perfettamente conservato, si provvederà alla comparazione dell’impronta con quella degli indagati. La comparazione biologica è stata affidata a periti specializzati ed è avvenuta il 12 giugno scorso. Secondo il pm della procura di Palermo, Maurizio De Lucia, l’analisi potrebbe aver individuato in Antonio Madonia e Giuseppe Lucchese i sicari dell’omicidio di Mattarella che, all’epoca dei fatti avrebbero avuto rispettivamente 28 e 22 anni e che all’epoca avrebbero ricoperto ruoli importanti nella mafia siciliana. La speranza, a distanza di 45 anni dall’omicidio, è quella di individuare gli esecutori materiali dell’uccisione del Presidente della Regione Sicilia, Piersanti Mattarella.


Torna alle notizie in home