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Da ricerca Biogem passi in avanti nello studio di una sindrome genetica rara

di Redazione -


Da ricerca Tigem-Biogem passi in avanti nello studio di una sindrome genetica rara con alterazioni renali e cardiache

Una conoscenza sempre più approfondita dei meccanismi alla base di una
malattia rara caratterizzata da danno renale associato a cardiomiopatia è
stata resa possibile grazie a un’intensa collaborazione tra due centri di
ricerca campani, l’istituto Telethon di genetica e medicina (Tigem) di
Pozzuoli e il Biogem di Ariano Irpino. Tale conoscenza potrebbe aprire la
strada allo sviluppo di nuove strategie terapeutiche contro la malattia,
una patologia molto rara, di cui al momento si conoscono soltanto 10
famiglie colpite nel mondo. Protagonisti principali dello studio sono il
professore Andrea Ballabio, direttore del Tigem, con i ricercatori Irene
Sambri e Marco Ferniani, e il professore Francesco Trepiccione, direttore
del Laboratorio di Nefrologia Traslazionale di Biogem.

“Tutto è cominciato – spiega il professore Trepiccione – quando è arrivata
alla nostra attenzione una famiglia in cui molti componenti presentavano
un quadro clinico renale segnato dalla perdita, nelle urine, di grandi
quantità di potassio e magnesio, tanto da far abbassare di molto i livelli
nel sangue di questi ioni ed esporli a crampi, stanchezza e, soprattutto, a
rischio di improvvisa morte cardiaca. Tale quadro è comune a molte altre tubulopatie renali, ovvero malattie caratterizzate da particolari alterazioni della funzione renale, ma in questa famiglia si associava ad alterazioni cardiache presenti già in giovane età e molto severe, fino ad avere bisogno di un trapianto cardiaco’’.

Il primo passo è stata l’identificazione, nei membri di questa famiglia, di
una particolare mutazione a carico di un gene chiamato RRAGD di cui
erano già state descritte altre mutazioni associate a tubulopatia renale
con cardiomiopatia dilatativa. “Studi precedenti condotti nel mio
laboratorio – spiega il professor Ballabio – avevano già dimostrato che la
proteina codificata da questo gene (RagD) rappresenta un importante
regolatore di altre molecole fondamentali per la cellula: mTORC1, un complesso proteico in grado di ‘sentire’ le condizioni ambientali della
cellula, e TFEB, coinvolto nel controllo dello smaltimento dei rifiuti
cellulari, a sua volta regolato da mTORC1”.

“Grazie ai nuovi esperimenti condotti al Tigem abbiamo capito –
precisano Sambri e Ferniani – che le mutazioni di RagD responsabili della
malattia rendono questa proteina sempre ‘attiva”’, il che a sua volta
comporta un’alterazione dell’attività di mTORC1 e di TFEB, condizionando
in modo significativo varie funzioni cellulari necessarie al normale
funzionamento del tessuto renale e cardiaco”. In particolare, le cellule
rispondono in modo difettoso a diversi stimoli ambientali, innescando
una cascata di cambiamenti che contribuiscono all’insorgenza della
tubulopatia renale e della cardiomiopatia. Ora l’ipotesi di lavoro è che il
ripristino della funzione di TFEB potrebbe rappresentare un'efficace
strategia terapeutica per questa malattia e per altre forme di tubulopatia
renale e cardiomiopatia non associate a mutazioni di RagD, ma che
potrebbero dipendere da mutazioni di altri geni coinvolti nella
regolazione di mTORC1 e TFEB. “Nel frattempo – informa Trepiccione – è
nata una collaborazione internazionale con altri centri che seguono
pazienti affetti da questa condizione, al fine di definire, in tempi brevi,
terapie efficaci”.

Lo studio è frutto di importanti collaborazioni nazionali e internazionali
con i gruppi di Giancarlo Parenti dell’Università Federico II, Vincenzo
Nigro dell’Università della Campania “Luigi Vanvitelli” e Leopoldo Staiano
dell’istituto di Ricerca Genetica e Biomedica-IRGB (CNR) di Milano, tutti e
tre anche ricercatori Tigem, Milena Bellin dell’Università di Leiden e
Padova, Lukas Huber dell’Università di Innsbruck e Carlo De Virgilio
dell’Università di Fribourg. I risultati sono stati pubblicati sulla rivista
Nature Communication, che lo ha annoverato tra i migliori lavori
pubblicati nell’anno per l’area di ricerca clinica e traslazionale. “Una
dimostrazione di quanto sia importante per tutta la comunità scientifica”
conclude Ballabio.


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