Editoriale

Gli affari di Xi e Putin

di Adolfo Spezzaferro -


“La guerra è intorno a noi, all’orizzonte“. “Una guerra convenzionale ad alta intensità in Europa non è più una fantasia”, “l’ombrello protettivo americano non sarà necessariamente presente in futuro”. Fanno tremare i polsi le parole dell’Alto rappresentante per la Alto rappresentante Ue per gli affari esteri e la politica di sicurezza Josep Borrell. Non tanto per lo scenario ipotizzato di una guerra sul territorio europeo, ma per i toni allarmistici che l’Ue ha assunto ormai da un po’ di tempo. Sappiamo che l’obiettivo è armare l’Europa dopo che abbiamo inviato enormi quantità di armamenti e munizioni all’Ucraina. Così come sappiamo che con la rielezione di Donald Trump ci sarebbe un disimpegno Usa rispetto alla Nato – lo ha annunciato proprio l’ex presidente. Fatto sta che a Bruxelles si fa sì che aleggi sull’Europa questo timore indefinito per un rischio indefinito di una guerra che ci coinvolga in prima persona. Ecco, chiariamo subito che se la Nato non entrerà direttamente in una qualche guerra è altamente improbabile che si scateni un conflitto nel Vecchio Continente. La questione sembra complicata ma è tutto sommato semplice: i Paesi Ue devono allinearsi agli standard Nato sul fronte degli armamenti e dei parametri della spesa per l’industria bellica. E proprio perché gli standard Nato sono quelli Usa, peraltro i principali fornitori di armi dell’Europa, i membri dell’Alleanza atlantica dovranno versare agli States cifre considerevoli. Il rischio di una guerra imminente è uno stimolo – diciamo – per questi acquisti. Lo stesso vale per quelle “rivelazioni” pubblicate dalla stampa occidentale sui numeri della difesa Ue in caso di guerra con la Federazione Russa. Servono a far serrare i ranghi, rafforzare la difesa, investire nell’industria bellica. Peccato però che a seguito della fatale doppietta lockdown da Covid-sanzioni alla Russia l’Ue è in perenne crisi economica, impoverita e con un’industria non messa benissimo. Non esattamente il momento migliore per spendere in difesa o peggio affrontare un conflitto (che però ci sentiamo di dire che non ci sarà). La vera questione è che all’Ue serve un esercito comune europeo. Ma gli Stati Uniti sono fortemente contrari a questa soluzione, ché un conto è dover gestire singoli alleati Nato con le rispettive forze armate, un conto avere a che fare con unico esercito – molto più numeroso, molto più forte.
Il vero problema invece è che mentre a Bruxelles e dintorni si parla di pericolo imminente di guerra, nel mondo multipolare – dove l’Occidente e gli Usa non sono più egemoni – c’è chi proprio in virtù della guerra già in corso sta rafforzando alleanze che vanno contro i nostri interessi. Come quella tra Russia e Cina, che “continueranno a realizzare i compiti strategici stabiliti dai leader dei due Paesi”. Lo ha detto ieri il ministro degli Esteri russo, Sergej Lavrov, aprendo i colloqui con il presidente cinese Xi Jinping a Pechino. Lavrov ha anche trasmesso un saluto a Xi da parte del presidente russo Vladimir Putin. Dopo i convenevoli e le congratulazioni per la rielezione di Putin, il presidente cinese ha sottolineato che Pechino e Mosca “hanno intrapreso un percorso di coesistenza pacifica” e stanno lavorando per raggiungere una cooperazione reciprocamente vantaggiosa “nell’interesse dello sviluppo progressivo e sostenibile delle relazioni bilaterali”. I due Paesi hanno ribadito l’intenzione di costruire un mondo multipolare più equo. Abbiamo spinto Mosca nelle braccia di Pechino e loro ci stanno tagliando fuori dagli affari. Un danno economico irreparabile per la povera Europa. La nostra fortuna è che a Washington conviene sganciare il più possibile la Russia dalla Cina. E questo lo sa benissimo pure Trump.


Torna alle notizie in home