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La capriola di Macron e quell’Europa delle parole che promette e non mantiene

La capriola di Macron e quell’Europa delle parole che promette e non mantiene

A Lampedusa l’emergenza migranti è ormai lampante. Gli allarmi sono arrivati anche a Bruxelles. La situazione sulle coste italiane non è una novità, ma gli arrivi record degli ultimi giorni – con migliaia di persone ammassate tra il porto e il centro di accoglienza, dove attualmente se ne trovano quasi 4mila – hanno riacceso la luce su una questione annosa e per cui ormai da vent’anni si cerca (e non si trova) una soluzione. E così all’Italia “lasciata sola”, che chiede aiuto arrivano le prime risposte. Una è quella che arriva dalla Francia per voce di Emmanuel Macron. “Abbiamo un dovere di solidarietà europea” ha affermato il presidente francese, “Agiremo con rigore e umanità” nel determinare se questi migranti “sono persone che hanno diritto all’asilo o se sono destinati a tornare a casa”, ha promesso il capo dell’Eliseo, assicurando che “le decisioni verranno prese con l’Italia” e che questa “non verrà lasciata sola” in quanto “dovere di europei”. Eppure, non appena una manciata di giorni fa il governo di Parigi aveva annunciato – con il ministro Darmanin – di voler blindare il confine tra Mentone e Ventimiglia di fronte a “un aumento del 100% dei flussi”. Lo stesso ministro che ieri ha fatto un passo indietro, a seguito della telefonata con Antonio Tajani. I due, fa sapere il Viminale, hanno concordato sulla “prioritaria esigenza di una strategia che punti ad un rapido rafforzamento della cooperazione operativa con i Paesi di origine che possa incidere efficacemente sul blocco delle partenze”.

La seconda risposta, poi, è quella che arriva da parte dell’Unione Europea. Ieri una delegazione della Commissione Ue è arrivata a Lampedusa per toccare con mano la situazione e “stabilire i prossimi passi”. Prossimi passi che dovrebbero significare un intervento ma che per ora, come di consueto, si trasformano in promesse, come quella della solidarietà europea. Un meccanismo, quest’ultimo, che è stato nuovamente discusso in un “incontro tecnico”, programmato (ieri) dalla Commissione precedentemente all’aggravarsi della situazione. Anche se sia la Germania – che ha annunciato nei giorni scorsi di non voler far entrare migranti provenienti dall’Italia – sia l’Austria – che vigila il confine al Brennero – fanno presagire un intento non convergente. Quello delle promesse non mantenute sembra essere uno dei punti all’ordine del giorno. Anche quella relativa al Memorandum d’Intesa, firmato lo scorso luglio tra il presidente tunisino Saied, la presidente della Commissione Ue von der Leyen accompagnata dalla premier Meloni e dal premier olandese Rutte. I fondi promessi al Paese nordafricano (1,9 miliardi) dovrebbero essere destinati non solo ad aiutare la Tunisia alle prese con una grave crisi economica, ma anche a creare nel Paese un hub per la gestione dei flussi migratori. Non solo: la promessa che era stata fatta a Saied, si portava più avanti. L’Ue avrebbe aiutato economicamente l’hub tunisino nella gestione dei rimpatri nei Paesi d’origine, con il pagamento dei voli. I fondi per i voli, come quelli di aiuto, non sono mai arrivati.

E se a molti la mossa di Saied di bloccare l’ingresso in Tunisia dei delegati della Commissione Ue potrebbe essere sembrata uno “sgarbo”, ad altri non è passato inosservato l’inadempimento degli accordi. Accordi perseguiti con ardore da Meloni che, di fronte a tale stallo, avrebbe ricordato a von der Leyen quello che è stato deciso e che, quindi, alla Tunisia spettano i fondi concordati. Così, la Commissione ha fatto sapere che “resta impegnata nello sviluppare l’attuazione del Memorandum d’intesa con la Tunisia”, ma che “prima che vengano erogate le risorse vanno analizzati e approvati i progetti”. Il memorandum sembra rimanere in piedi, anche se, da parte dei respinti delegati Ue – già pronti a partire per la Tunisia – sono arrivate alcune remore. La leader dei socialisti García aveva chiesto l’immediata sospensione del Memorandum e “una valutazione sulla legalità” definendolo “un’idea sbagliata fin dall’inizio, se non illegale”. Un’occasione per mettere in dubbio il lavoro fatto dalla commissione e dal governo italiano, ma anche più probabilmente, un gesto provocatorio per iniziare la campagna elettorale lanciando la prima freccia contro i conservatori.

La capriola di Macron e quell’Europa delle parole che promette e non mantiene

A Lampedusa l’emergenza migranti è ormai lampante. Gli allarmi sono arrivati anche a Bruxelles. La situazione sulle coste italiane non è una novità, ma gli arrivi record degli ultimi giorni – con migliaia di persone ammassate tra il porto e il centro di accoglienza, dove attualmente se ne trovano quasi 4mila – hanno riacceso la luce su una questione annosa e per cui ormai da vent’anni si cerca (e non si trova) una soluzione. E così all’Italia “lasciata sola”, che chiede aiuto arrivano le prime risposte. Una è quella che arriva dalla Francia per voce di Emmanuel Macron. “Abbiamo un dovere di solidarietà europea” ha affermato il presidente francese, “Agiremo con rigore e umanità” nel determinare se questi migranti “sono persone che hanno diritto all’asilo o se sono destinati a tornare a casa”, ha promesso il capo dell’Eliseo, assicurando che “le decisioni verranno prese con l’Italia” e che questa “non verrà lasciata sola” in quanto “dovere di europei”. Eppure, non appena una manciata di giorni fa il governo di Parigi aveva annunciato – con il ministro Darmanin – di voler blindare il confine tra Mentone e Ventimiglia di fronte a “un aumento del 100% dei flussi”. Lo stesso ministro che ieri ha fatto un passo indietro, a seguito della telefonata con Antonio Tajani. I due, fa sapere il Viminale, hanno concordato sulla “prioritaria esigenza di una strategia che punti ad un rapido rafforzamento della cooperazione operativa con i Paesi di origine che possa incidere efficacemente sul blocco delle partenze”.

La seconda risposta, poi, è quella che arriva da parte dell’Unione Europea. Ieri una delegazione della Commissione Ue è arrivata a Lampedusa per toccare con mano la situazione e “stabilire i prossimi passi”. Prossimi passi che dovrebbero significare un intervento ma che per ora, come di consueto, si trasformano in promesse, come quella della solidarietà europea. Un meccanismo, quest’ultimo, che è stato nuovamente discusso in un “incontro tecnico”, programmato (ieri) dalla Commissione precedentemente all’aggravarsi della situazione. Anche se sia la Germania – che ha annunciato nei giorni scorsi di non voler far entrare migranti provenienti dall’Italia – sia l’Austria – che vigila il confine al Brennero – fanno presagire un intento non convergente. Quello delle promesse non mantenute sembra essere uno dei punti all’ordine del giorno. Anche quella relativa al Memorandum d’Intesa, firmato lo scorso luglio tra il presidente tunisino Saied, la presidente della Commissione Ue von der Leyen accompagnata dalla premier Meloni e dal premier olandese Rutte. I fondi promessi al Paese nordafricano (1,9 miliardi) dovrebbero essere destinati non solo ad aiutare la Tunisia alle prese con una grave crisi economica, ma anche a creare nel Paese un hub per la gestione dei flussi migratori. Non solo: la promessa che era stata fatta a Saied, si portava più avanti. L’Ue avrebbe aiutato economicamente l’hub tunisino nella gestione dei rimpatri nei Paesi d’origine, con il pagamento dei voli. I fondi per i voli, come quelli di aiuto, non sono mai arrivati.

E se a molti la mossa di Saied di bloccare l’ingresso in Tunisia dei delegati della Commissione Ue potrebbe essere sembrata uno “sgarbo”, ad altri non è passato inosservato l’inadempimento degli accordi. Accordi perseguiti con ardore da Meloni che, di fronte a tale stallo, avrebbe ricordato a von der Leyen quello che è stato deciso e che, quindi, alla Tunisia spettano i fondi concordati. Così, la Commissione ha fatto sapere che “resta impegnata nello sviluppare l’attuazione del Memorandum d’intesa con la Tunisia”, ma che “prima che vengano erogate le risorse vanno analizzati e approvati i progetti”. Il memorandum sembra rimanere in piedi, anche se, da parte dei respinti delegati Ue – già pronti a partire per la Tunisia – sono arrivate alcune remore. La leader dei socialisti García aveva chiesto l’immediata sospensione del Memorandum e “una valutazione sulla legalità” definendolo “un’idea sbagliata fin dall’inizio, se non illegale”. Un’occasione per mettere in dubbio il lavoro fatto dalla commissione e dal governo italiano, ma anche più probabilmente, un gesto provocatorio per iniziare la campagna elettorale lanciando la prima freccia contro i conservatori.

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