Cronaca

Pestaggi e torture: l’orrore di Verona. Indagati altri 17 agenti

di Domenico Pecile -


Ci sono altri 17 indagati nell’inchiesta sugli episodi da Arancia meccanica in caserma che a Verona hanno portato all’arresto di cinque poliziotti, un ispettore e quattro agenti. Nei confronti delle altre 17 persone indagate la Procura ha richiesto alla gip, Livia Magri, l’applicazione di misure interdittive, come la sospensione dal servizio o il trasferimento d’ufficio. La Questura di Verona in una nota ha fatto riferimento alla rimozione degli incarichi di personale che “pur non avendo preso parte a episodi di violenza si presume possa non avere impedito o comunque non avere denunciato i presumibili abusi commessi dai colleghi”.
Quella che il Gip ha descritto nell’ordinanza di custodia cautelare per i cinque agenti finiti ai domiciliari (Alessandro Migliore, 25 anni, Loris Colpini, 51 anni, Federico Tommaselli 30enne, l’ispettore e capoturno Filippo Failla Rifici, 36 anni e Roberto Da Rold, 44 anni) è una lunga serie di violenze sistematiche, ripetute nel tempo, condite da atti di tortura, minacce di morte e insulti razzisti.
Nello specifico, sono accusati a vario titolo dei reati di tortura, lesioni, falso, omissioni di atti di ufficio, peculato e abuso di ufficio. Nelle 169 pagine che compongono il documento viene sottolineato, ha scritto il giudice, proprio l’efferatezza di chi ha tradito la propria funzione commettendo “reati con preoccupante disinvoltura”. E nel mirino c’erano sempre persone deboli, soprattutto immigrati, ma tra loro c’è anche un italiano. La circostanza che le vittime fossero persone deboli, quasi sempre persone straniere o senzatetto, secondo il Gip “è una circostanza che da un lato ha consentito agli indagati di vincere più facilmente eventuali resistenze delle loro vittime, dall’altro ha rafforzato la convinzione dei medesimi indagati di rimanere immuni da qualunque conseguenza”, forti appunto del fatto che nessuna delle persone finite nel mirino delle violenze avrebbe mai spostato de nuncia. Non soltanto, ma si coprivano l’un l’altro e ridevano dei pestaggi.
Le indagini – grazie a intercettazioni che gli inquirenti hanno definito choccanti – sono state eseguite tra il mese di luglio e lo scorso marzo, su mandato della Procura, da altri poliziotti della stessa questura. “Questa vicenda – era stato a caldo il commento del questore Roberto Masucci – dimostra come la polizia non sia disposta a macchiare la propria reputazione né con la reticenza, né con la poca trasparenza”. Il questore ha fatto anche sapere di avere messo a disposizione dell’autorità giudiziaria tutti gli elementi necessari all’inchiesta. “Quello però che mi sento di dire ai cittadini – ha detto ancora – è che rispetto ai sette episodi che abbiamo accertato ce ne sono centinaia che vedono i poliziotti al servizio dei cittadini”. Insomma, il Questore non ha alcuna intenzione di “trovare facili giustificazioni o attenuanti ai comportamenti contestati: Da oggi il mio impegno e di tutti i collaboratori è quello di ricostruire un rapporto di fiducia con i cittadini”.
Dura anche la reazione del ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, che ha rotto il silenzio: “La Magistratura e la stessa Polizia di stato faranno piena chiarezza su quanto avvenuto”. Poi, l’affondo: “Le vicende che emergono dall’inchiesta, ove fossero confermate, sarebbero di enorme gravità, lesive della dignità delle vittime ma anche dell’onore e della reputazione di migliaia di donne e uomini della polizia che quotidianamente svolgono il proprio servizio ai cittadini con dedizione e sacrificio”. Piantedosi si è anche congratulato con la Procura della Repubblica che nell’intento di fare pulizia “ha delegato alla Squadra mobile di Verona lo svolgimento delle indagini e il riconoscimento nell’ordinanza del gip dell’efficienza e della sollecitudine con cui queste sono state svolte”.
L’inchiesta sta mettendo in evidenza una vera e propria galleria degli orrori. Con molteplici abusi che avvenivano in particolare nel cosiddetto acquario, la stanza in cui le persone fermate vengono portate per l’identificazione e le perquisizioni. Inoltre, secondo le accuse gli agenti avrebbero pestato anche persone fermate per strada nel corso di controlli, per poi modificare i verbali in modo tale da allontanare responsabilità e sospetti. Una delle vittime si chiama Nicolae (che il presidente della Ronda della carità, Alberto Sperotto, definisce come una persona tranquilla), e ha riferito di essere stato portato negli uffici investigativi mentre si trovava al bar con un amico. Lì avrebbe chiesto di andare in bagno, ma un agente gli avrebbe risposto “falla qui dentro la cella”, poi – ha raccontato ancora – lo avrebbe preso e buttato nella sua pipì. Uno dei poliziotti intercettati si vantava con la ragazza, inframezzando il narrato con risate e commenti divertiti.
“Sicuramente sono fatti che colpiscono, perché colpiscono uno dei presidi di sicurezza. È un segnale importante il fatto che sia figlio di un’indagine interna, veloce e soprattutto con la voglia di fare chiarezza, che è quello che tutti noi ci aspettiamo”, sono state le parole del sindaco di Verona, Damiano Tommasi.


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