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Vannacci accusato di peculato e truffa: inchiesta della Procura militare sul suo incarico a Mosca

di Angelo Vitale -


Il generale Roberto Vannacci accusato di peculato e truffa: la Procura militare ha aperto un’inchiesta sui suoi mesi passati a Mosca da addetto militare dell’ambasciata italiana dal febbraio 2021 al maggio 2022. Lo rivela il Corriere della Sera. Le notizie del quotidiano a poche ore dalle parole di Matteo Salvini che confermavano l’intento della Lega di candidare l’attuale Capo di Stato maggiore delle forze operative terrestri – nel dicembre scorso l’incarico – alle prossime elezioni europee: “Apprezzo e stimo per quello che ha fatto nella vita da militare al servizio dell’Italia e per i pensieri che porta avanti “. “Spero possa essere nella nostra squadra per portare più Italia in Europa”, aveva detto il vicepremier al Tg2.

Pochi i mesi passati dal generale a Mosca – interrotto il suo incarico per l’espulsione decretata da Putin a carico di 24 diplomatici ed attaché della nostra ambasciata
in conseguenza di un analogo provvedimento disposto dall’allora premier Mario Draghi nei confronti di trenta incaricati russi a Roma dopo la comune scelta europea e atlantica in nome della sicurezza nazionale a seguito dell’invasione russa in Ucraina.

Minimo pure il danno erariale ipotizzato, appena 9mila euro, per l’utilizzo di una Bmw. Eclatante, però, il contorno complessivo della vicenda che peraltro mette nel mirino della Procura militare la gestione amministrativa dell’intero ultimo quinquennio, aprendo uno squarcio anche sull’operato di chi Vannacci ha preceduto in quell’incarico a Mosca, il generale Alfonso Miro. Un’inchiesta che ha rivelato pure come il suo successore, il colonnello Vittorio Parrella, lo abbia smaccatamente smentito in merito ad uno degli episodi in cui Vannacci è tirato in ballo.

“Criticità e anomalie”: queste le quasi garbate contestazioni che vengono fatte a Vannacci, traducendosi poi in falsi rimborsi e indennità che non gli erano dovute, legate ad un sistema di “autocertificazioni” che gli era consentito e del quale, ad avviso dell’inchiesta, ha abusato. Tra gli episodi contestati una serie di indennità da lui vantate in riferimento alla presenza della moglie e delle figlie nella capitale sovietica, però smentite dall’incrocio fatto dalla Procura militare sui passaporti delle sue familiari.

Eclatante pure un giro di spese per eventi esterni in locali di ristorazione, ammantate della giustificazione di promuovere il “Paese Italia”: cene e feste a suo dire organizzate anche nell’alloggio di servizio dell’ambasciata – qui il passaggio della presenza di Parrella dichiarata dal generale e però smentita dall’ufficiale -. Anche qui facile il lavoro degli inquirenti che addirittura mettono in discussione che qualcuno di questi eventi sia mai avvenuto, considerato che uno sarebbe stato autocertificato da Vannacci proprio in occasione di uno degli ultimi giorni della sua permanenza nei locali dell’ambasciata. E che invece risulta essere una giornata nella quale l’alloggio era già stato liberato con il trasloco di tutto ciò che vi si trovava a causa del provvedimento di espulsione adottato da Putin.

Una sorta di “zona franca”, le ambasciate italiane all’estero per tanti particolari. Ripetute, ad esempio, negli ultimi anni, le inchieste del settimanale Panorama sugli scandali per “visti falsi” in alcune nostre rappresentanze all’estero, ma anche per la “vita esentasse” garantita a molti dei suoi principali addetti, oggetto di un contenzioso con l’Agenzia delle Entrate finora soccombente di fronte alla considerata prevalente vigenza delle norme internazionali su quelle del nostro Fisco.


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