Politica

La doppia maggioranza e la vera partita di Matteo

di Redazione -


di Mafalda Bocchino

Quando utilizziamo la parola “strategia” ci riferiamo a un solo protagonista della politica nazionale, ovvero Matteo Renzi. Un nome, due piani. I tempi passano e le buone abitudini non cambiano. Ecco perché nel primo giorno della Meloni a Palazzo Madama si continua a parlare solo e soltanto di quel giglio fiorentino, che pur avendo numeri risicati ed essendo riuscito a portare nelle stanze che contano solo qualche fedelissino, riesce sempre a dire la sua ed essere determinante quando è il momento di dare le carte.

La doppia maggioranza

La leader romana, tutti sanno, che ricopre il ruolo di presidente del Consiglio grazie all’intesa storica tra Forza Italia, Fratelli d’Italia e Lega. In politica, però, nulla è scontato. A dimostrarlo quanto accaduto durante l’elezione di Ignazio La Russa. Quest’ultimo, infatti, non viene eletto grazie ai voti del classico schema, avendo i berluscones votato in quell’occasione scheda bianca, ma grazie a quelli di un’ignota maggioranza. Nessuno svela le carte, ma tutti sanno che dietro l’operazione c’è il solito ago della bilancia di Firenze. I sorrisi della Boschi, i capannelli organizzati da Faraone, valgono più di mille parole. Per tale ragione, qualcuno da tempo parla di quarta gamba del governo. La conferma, poi, arriva dall’ultimo intervento dell’ex monarca del centrosinistra. Quest’ultimo, parlando di “opposizione diversa dalle altre”, non solo si dichiara disponibile a collaborare sui temi con chi ha le redini dell’ attuale esecutivo nazionale, ma elogia addirittura i ministri scelti direttamente da Meloni e scredita quei colonnelli che gli hanno tolto il giocattolo. Una mossa che fa chiaramente intendere come, ancora una volta, il giglio di Piazza della Signoria voglia stare davanti a tutti. Si tratta del momento “opportuno” o meglio ancora della vita per chi utilizza la parola “centro” per crearsi quell’aria necessiaria a rigenerarsi. Considerando i problemi interni a Forza Italia, non sarebbe utopia pensare che gli stessi sovranisti possano vederlo come l’alternativa al polo moderato, di cui fino a oggi è stato il riferimento indiscusso Silvio Berlusconi. Il Cav, d’altronde, ormai più che essere il padrone della coalizione, ricopre la funzione di padre nobile. L’uomo di Arcore legge su un foglio, mentre quelli che tutti dicono il vero successore parla a braccio. Una possibilità enorme, quindi, per chi intende sfruttare il vuoto e dimostrare non solo all’estero il suo valore.

La vera partita del giglio

Non si tratta, però, dell’unico spazio abbandonato al proprio destino. Il Partito Democratico, dall’altra parte, dello schieramento lascia indietro vere e proprie praterie. Considerando la svolta a sinistra di Letta, i malumori all’interno delle correnti, le uscite infelici della Serracchiani, chiunque in quel mondo può candidarsi dalla sera alla mattina come riferimento. Secondo molti, pertanto, la vera partita di Renzi non sarebbe quella di candidarsi ad alternativa per Giorgia, ma sfruttare il disordine del centrosinistra per accaparrarsi il miglior bottino possibile. Per dirla in breve, una soluzione a breve termine. Ci riferimo ovviamente alle commissioni che contano, quella Vigilanza Rai e il Copasir. Dopo essere stato escluso dalla partita per le vicepresidenze, il terzo polo deve prendersi la rivincita. Bisogna, quindi, subito alzare la voce, altrimenti quel furbacchione di Conte, alleandosi con un moribondo pisano, non lascia neanche le briciole. Questo, però, è il gioco preferito di Matteo. Il ricatto torna all’ordine del giorno e la posta si alza. Andare avanti con una maggioranza divisa o accontentare il solito è l’interrogativo più diffuso tra quelli del Nazareno? A proposito di dem, c’è chi guarda ancora più avanti. Le voci delle ultimissime ore relative a una discesa in campo del sindaco di Firenze Dario Nardella portano più di qualcuno a pensare che il figliol prodigo torni a casa. Tutti sanno, che a quelle latitudini, la nostalgia nei confronti del padre toscano si avverte e non poco. Qualche esternazione di Base Riformista certamente non cambia il volere dei più. Il primo amore non si scorda mai. Quando ci sarà il richiamo della Leopolda, i lupi ritorneranno nel branco e se davvero accadrà ciò, davvero potrà nascere un partito alla Macron in grado di essere alternativa sia alla destra che alla sinistra. Lo stesso ex premier, secondo i suoi fedelissimi, già crede nel piano. Non a caso ha scaricato il parolaio Calenda, che poco serve quando il gioco si fa duro.


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