Cultura & Spettacolo

Le feste teatrali in onore del dio Dioniso

Storia del teatro, dai greci le celebrazioni per la divinità tra canti corali e maschere

di Michele Enrico Montesano -

Greek god Bacchus, marble statue


Il ditirambo era il canto corale intonato in onore del dio Dioniso. Numerose erano le feste nelle quali i Greci celebravano il dio: le piccole Dionisie o Dionisie rurali, le Lenee, le Antesterie e le grandi Dionisie. Ognuna di queste feste cadeva in un periodo dell’anno preciso e particolare.

Una festa per il Dio Dioniso per ogni momento dell’anno

Le Dionisie rurali si svolgevano per ringraziare il raccolto agricolo, tra dicembre e gennaio. Erano feste celebrate nelle campagne con travestimenti, cori, danze e canti. Nel mese successivo si celebravano le Lenee che prevedevano concorsi drammatici e rappresentazioni di commedie. In primavera, nel mese di Antesterione, si celebravano le Antesterie in cui si celebrava il vino nuovo e avevano una durata di tre giorni. Nel primo giorno, detto Πιθοιγία (pithoigìa, ossia “apertura delle giare”) si apriva il vino dell’ultima vendemmia.

Lo storico ateniese Fanodemo scrive: “Al santuario di Dioniso “en limnais” (“vicino alle paludi”) gli Ateniesi solevano miscelare, spillando dalle botti, il nuovo vino, che vi avevano trasportato per il dio e assaggiarne poi essi stessi… Soddisfatti della miscela, intonavano canti a Dioniso, danzavano e lo invocavano chiamandolo il Belfiorito, il Ditirambo, il Furente, l’Impetuoso”.

Nel secondo giorno, detto Χόες (choes, ossia “boccale”), c’erano gare di bevute in cui partecipavano anche gli schiavi, cancellando ogni distinzione o gerarchia sociale. I partecipanti, inoltre, indossavano delle maschere raffiguranti il dio, rendendo quindi difficile l’identificazione. I bambini maschi sopra i tre anni erano iniziati al vino, mentre quelli deceduti prima di raggiungere quest’età erano seppelliti con la loro chous mai usata.

Ritroviamo quella dualità tipica del mondo greco: vita e morte, gioia e tristezza. La repentinità della vita, inspiegabilmente duale. È Dioniso, è il Teatro. Il terzo giorno, quello delle Χύτροι (chytroi, ossia “pentole”), si offrivano ai defunti cereali e sementi cotti mischiati con il miele. Gli spiriti, che si credeva avessero invaso la città nei giorni di festa, venivano rispediti nel mondo dei morti con il canto “Andate via spiriti, le Antesterie sono finite!”.

Le grandi Dionisie e la partecipazione del popolo

Le grandi Dionisie erano l’ultima festa in ordine cronologico, che si celebrava in onore del dio, seguendo l’anno solare. Queste erano forse le feste più importanti in assoluto, dopo le Panatenee, e anche tra le più conosciute.

Iniziavano con una processione per le vie di Atene con la statua del dio, fino a collocarla nel Teatro a lui dedicato così da presenziare alle rappresentazioni. Infatti il Teatro si animava con agoni poetici e teatrali. Era un evento unico e solenne nel quale tutta la città partecipava. Un rito collettivo di importanza epica. Ai cittadini più facoltosi era affidata la “coregia”, ossia la copertura delle spese per la festa. Essi diventavano “coregi” e avevano il compito di comporre il coro per la rappresentazione, procurargli i vestiti o meglio, i costumi; insomma assolveva funzioni e compiti analoghi a quelli del produttore odierno.

Agli spettacoli partecipava tutta la popolazione, nessuno escluso. Sulle gratinate erano dunque presenti donne, bambini e schiavi. Il biglietto, per chi non poteva permetterselo, era pagato indirettamente dalla polis tramite un contributo. Questa inclusione è legata alla funzione didattica del Teatro. Serviva per narrare e informare la cittadinanza. Tramite il Teatro erano veicolate θος (èthos) e νόμος (nòmos), ossia i valori etico-morali e le norme giuridico-politiche. Il vincitore degli agoni era incoronato con una ghirlanda d’edera, pianta sacra a Dioniso. Il Teatro nasce da un intreccio profondo tra agricoltura, religione, vino e mito. Non era solo spettacolo: era un modo per dare forma collettiva alla paura, al desiderio, alla morte e alla rinascita. Era, in tutto e per tutto, una celebrazione della vita — così com’è: feroce, fertile, fragile. Come Dioniso.


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