Attualità

Dopo la morte di Michael il suicidio del bagnino

Una doppia tragedia nel Bresciano: la piccola vittima annegata in piscina e il bagnino accomunati per sempre

di Angelo Vitale -


Dopo la morte di Michael, un’altra tragedia. Una piscina che le cronache locali hanno raccontato ubicata nei campi di mais di Castrezzato nel Bresciano e i boschi attraversati dai sentieri del Monte Orfano, nella stessa provincia. In questi due posti, a distanza di pochi giorni, si è consumata una doppia tragedia che per sempre farà ricordare accomunati i nomi di Michael Consolandi, un bambino di 4 anni originario di Rovato e di Matteo Formenti, un bagnino 37enne di Chiari.

La morte di Michael

Venerdì scorso il bambino, accompagnato dal padre, era entrato nell’area di quella piscina per sfuggire ai primi morsi del caldo. Poi il padre si era allontanato, forse immaginando che non potesse accadergli nulla. Invece il fondo di quella piscina era digradante e Michael, nonostante la presenza di molte persone, vi è annegato sul fondo della parte nella quale probabilmente era scivolato senza riuscire più a riemergere.

Vani gli iniziali soccorsi con le manovre praticate anche da alcuni bagnini, pare tre, in servizio nella piscina ma forse fuori della visuale in cui si era mosso Michael. Inutile il trasferimento in ospedale, dove è morto dopo due giorni di coma.

Le indagini

La Procura della Repubblica di Brescia, che aveva già venerdì aperto le indagini, da allora ha iniziato a indagare per omicidio colposo: da valutare la posizione del padre allontanatosi dal posto e i suoi obblighi di custodia del figlio minorenne, ancor più da accertare la posizione di altre persone tra le quali Matteo Formenti, per il quale era stato disposto pure il sequestro del suo telefono cellulare, per accertare se nella concomitanza dell’annegamento di Michael si fosse distratto utilizzando lo smartphone. Accertamenti indispensabili e necessari, un’iscrizione nel registro degli indagati che è, come sempre, un atto dovuto e che serve a tutelare la persona inizialmente accusata.

Il bagnino aveva saputo di essere indagato

Accadimenti che, evidentemente, la sua fibra psicologica non ha accettato e cui non ha retto. Lunedì ha avvisato la madre che si sarebbe recato al lavoro, in quel posto dove aveva cercato invano di riportare alla coscienza quel corpicino estratto dall’acqua. Ma in piscina non ci è più tornato, scomparendo dal suo paese. Vani, gli appelli diramati sui social per convincerlo a tornare.

La sua vita è terminata in quei boschi dove aveva cominciato a vagare senza sosta. Ieri mattina il suo corpo è stato ritrovato nei pressi di un sentiero da due escursionisti, pare con il volto coperto da un sacchetto e le mani legate. Gli investigatori ritengono che la sua morte sia stata causata da un suo volontario ed estremo gesto ma non escludono nessun’altra pista.

Perché tante morti in piscina

Sullo sfondo di questa doppia tragica vicenda, da qualche parte ripresentato il dibattito su episodi che, specialmente in estate, sono ricorrenti in strutture all’aperto contrassegnate talvolta da circostanze che le cronache si ostinano a definire fatali, rifuggendo dal provare a individuare un modo affinché non abbiano a ripetersi.

Migliaia di documenti e scartoffie, planimetrie e autorizzazioni, norme per preservare l’igiene e combattere le infezioni dei batteri, discipline per garantire la sicurezza, le competenze di Comuni, Asl, Nas dei Carabinieri e Vigili del Fuoco, un Accordo Stato-Regioni del 2003, linee guida delle Regioni, norme tecniche di certificazione degli impianti.

Per poi assistere, come accaduto nel Bresciano in questi giorni, alla vita di un piccolo di 4 anni interrotta sul fondo digradante di una piscina tra gli schiamazzi dei bagnanti. E al gesto estremo di un bagnino che non ha resistito alla vergogna e all’onta di essere accusato di essere il responsabile di quella morte, ponendo fine alla sua.


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